Menti sotto assedio
Intelligenza artificiale, armi autonome e sentinelle ibride. Ecco la nuova frontiera della cyberwarfare. Mario Caligiuri (SOCINT) e Omar El Hamdani (SicuraNext), moderati da Raffaele Angius (Indip), ne hanno parlato ieri al #WNF24
Quella di Mario Caligiuri e Omar El Hamdani, – intervenuti ieri a Milano al Wired Next Festival 2024, è una analisi lucida sulle metamorfosi della guerra e le strategie per preservare il pensiero critico.
Caligiuri – presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT) nonché direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria – e El Hamdani – CEO di SicuraNext – sono stati ospiti del talk “Conflitti digitali”. Sollecitati dal moderatore, Raffaele Angius, giornalista investigativo e co-fondatore della testata Indip, hanno tentato di dare una risposta a un interrogativo cruciale: “Siamo davvero nel mondo delle guerre cibernetiche?” .
I relatori hanno ricordato che gli attacchi informatici sono diventati strumenti strategici nei conflitti moderni, come dimostrano gli eventi in Medio Oriente e in Ucraina. Tuttavia la guerra tradizionale ancora non è scomparsa e la vera sfida risiede proprio nel comprendere come questi due mondi – digitale e fisico – si influenzeranno e perturberanno il futuro. Le guerre del Terzo Millennio parlano di “melting pot strategico“, una commistione tra tecniche cibernetiche e tattiche militari convenzionali, nuovi scenari di conflitto che richiedono approcci su misura in termini di difesa e intelligence.
Il docente ha inquadrato la cyberwarfare, contestualizzandola all’interno della società contemporanea, definita come “società della disinformazione intenzionale e permanente”. Lo scenario è contraddistinto da un paradosso: “da un lato, un’overdose informativa; dall’altro, un basso livello di istruzione sostanziale”. Una dicotomia che genera un “cortocircuito cognitivo destinato ad allontanare le persone dalla comprensione della realtà”. La vera disinformazione è perciò quella istituzionalizzata, quotidianamente veicolata dai media tradizionali. Citando poi il rapporto Eurispes, Caligiuri ha ricordato che “circa il 75% degli italiani sa poco o nulla di intelligenza artificiale, ed espresso preoccupazione per il restante 25% che ritiene, invece, di conoscerla. A tal proposito ha richiamato l’aforisma socratico secondo cui “il problema non è l’ignoranza, bensì la presunzione di conoscenza”.
L’analisi si è estesa alla metamorfosi in atto: paragonata non tanto e non solo alla caduta dell’Impero Romano o alla scoperta dell’America, ma “a uno spillover, un salto di specie. Le categorie culturali, i concetti, le teorie giuridiche e pedagogiche attuali fanno riferimento a un mondo in via di estinzione, rendendo ardua la comprensione del presente e imprecisa la sua descrizione”.
Nel 2030 l’intero pianeta sarà interconnesso: uno scenario “in cui tutti saranno sorvegliati e sarà sempre più difficile distinguere il vero dal falso, il legale dall’illegale”. In questo contesto, i conflitti assumeranno prevalentemente natura economica e culturale, l’arena sarà il web e l’arma l’informazione. Obiettivo finale: “la conquista della mente delle persone, resa possibile dalla pervasività degli algoritmi”.
Per Caligiuri, “le guerre potrebbero paradossalmente diventare più ‘accettabili’ perché combattute sul piano informativo, con minori perdite umane dirette“. Un approccio in grado di indebolire l’ostilità dell’opinione pubblica al coinvolgimento del proprio Paese in un conflitto e incentivare i decisori politici a procedere in tale direzione. Una minaccia, a ritmo serrato, del tutto incompatibile con i tempi di reazione umani e potenzialmente in grado di sfuggire alle capacità del loro controllo.
Il web emerge come la dimensione prevalente “anche in ambito educativo, conformando gli individui più di quanto facciano gli insegnanti o le relazioni interpersonali”.
Il tema della sicurezza diventa quindi cruciale, tanto che Caligiuri auspica “l’introduzione dell’Intelligence come materia di studio fin dalle scuole elementari, considerandola non un costo ma un investimento, focalizzato principalmente sul fattore umano“. A tal proposito va ricordato che “il 75% degli incidenti informatici deriva da debolezze umane piuttosto che da inadeguatezze tecnologiche”. Contrariamente alla narrazione dominante, “il rischio reale non è tanto che l’intelligenza artificiale emuli e superi quella umana, quanto il contrario: interagendo costantemente con il digitale, è l’uomo che tende a imitare il comportamento binario dell’IA, adeguandovisi”.
Nel passare la parola a Omar El Hamdani, Caligiuri ha scandagliato tre possibili strategie di resistenza: “l’ibridazione uomo-macchina, lo sviluppo delle capacità ignote della mente umana e, più controversamente, l’uso di stimolanti per potenziare le facoltà cognitive. La globalizzazione richiede decisioni rapide, mettendo in difficoltà le democrazie rispetto a stati autoritari, multinazionali finanziarie, organizzazioni criminali e gruppi terroristici. Tuttavia, “la democrazia rimane la meno imperfetta forma di governo e di giustizia sociale”.
Di fronte a uno scenario così complesso, Caligiuri ha prospettato realisticamente “un esito imprevedibile” e ha concluso il suo intervento con una metafora cinematografica: l’immagine di un’attesa, forse vana ma necessaria, di un cambiamento possibile, invitando a non abbandonare la speranza, pur nella consapevolezza delle sfide che ci attendono.
Qui il video parziale dell’evento, mentre qui la versione integrale