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Algoritmi educativi: la sfida democratica nell’era dell’IA

Utilizzare la tecnologia che sta trasformando la società per preservare e potenziare le capacità critiche dell’essere umano. E’ la proposta di Mario Caligiuri – presidente della Società Italiana di Intelligence e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabrialanciata dalle pagine di WIRED.

La sua visione si basa sull’idea di trasformare gli algoritmi: da strumenti di persuasione a catalizzatori del pensiero critico, ribaltando così la prospettiva convenzionale sul rapporto tra intelligenza artificiale (IA) ed educazione.

L’intuizione è tanto semplice quanto potente: se gli algoritmi, sempre più sofisticati, hanno dimostrato di poter influenzare desideri e comportamenti, perché non riprogettarli per stimolare la riflessione e la consapevolezza democratica? In questa interpretazione, la tecnologia non è più un mezzo di condizionamento, ma una alleata nello sviluppo della capacità di giudizio, e perfino un antidoto capace di neutralizzare la svogliatezza creativa.

Riprendendo il pensiero del filosofo e attivista Benjamin Barber –  “La tecnologia può essere utile alla democrazia solo se viene programmata per fare ciò” – e il richiamo di Padre Paolo Benanti all’importanza delle “regole etiche” dell’IA, Caligiuri suggerisce un interventismo statale innovativo nel campo degli algoritmi educativi. L’obiettivo è restituire alla politica il primato sull’economia, trasformando università pubbliche e centri di ricerca in laboratori di innovazione sociale.

Le moderne teorie cognitive evidenziano l’interconnessione tra riflessione ed emozione nell’apprendimento, suggerendo che progettare algoritmi educativi efficaci richiede un approccio multidimensionale. Inoltre, le sfide operative, finanziarie e geopolitiche legate a un’innovazione statale di questa portata richiedono un’attenta valutazione.

Il riferimento alla Scuola di Atene di Raffaello inquadra la proposta in una tradizione filosofica millenaria, suggerendo un approccio pluralistico alla conoscenza. Tuttavia, oltre la fascinazione artistica, emergono concrete opportunità di ricerca: dalla validazione empirica degli algoritmi educativi allo sviluppo di metodologie per misurare il pensiero critico in ambiente digitale.

Il “dovere della conoscenza”, evocato da Caligiuri, diventa così uno strumento per contrastare la pigrizia intellettuale, esplorando nuove frontiere senza perdere di vista la dignità e l’autonomia dell’essere umano.

E’ questa la via per trasformare la tecnologia da sostituto ad amplificatore delle facoltà umane. Un cammino che dobbiamo imboccare carichi di domande, non di certezze.

La sfida è complessa ma necessaria, e merita di essere raccolta.

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