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Cremona celebra il trecentesimo anniversario della nascita di Giacomo Casanova con un importante convegno: tra i relatori Mario Caligiuri

Un inedito trait d’union lega Cremona e Venezia attraverso la figura di Giacomo Girolamo Casanova (1725–1798). 

Pochi sanno che il più celebre avventuriero del Settecento, di cui ricorrono quest’anno i trecento anni dalla nascita, fu anche violinista al Teatro San Samuele di Venezia. Per circa due anni, dal 1744 al 1746, Casanova si guadagnò da vivere suonando in questo teatro, di proprietà dei nobili impresari Grimani, divenuti suoi tutori dopo la prematura scomparsa del padre. Proprio da questa sua passione musicale parte l’omaggio che Cremona, capitale mondiale della liuteria, ha scelto di dedicargli.

Il progetto, ideato da Fabio Perrone, direttore delle attività culturali dell’Academia Cremonensis, si articola in due momenti: un convegno e la realizzazione di un violino commemorativo. Lo strumento, costruito dagli allievi dell’Academia e impreziosito dalle decorazioni di Elena Rosa Negrotti, percorrerà simbolicamente il tragitto inverso di quello compiuto da Casanova: partirà da Cremona per raggiungere Venezia, dove il 12 aprile sarà protagonista di un concerto a Palazzo Zaguri, sede del Museo Casanova che sarà inaugurato in anteprima per la stampa ad aprile e aperto al pubblico a settembre.

Cremona e Venezia hanno in comune l’elemento dell’acqua, secoli di rapporti commerciali attraverso il Po e una straordinaria tradizione musicale. Ne è testimone anche il ruolo di Claudio Monteverdi nella promozione della liuteria cremonese a Venezia. Ma nel caso di Casanova, la musica è solo uno degli aspetti di una vita avventurosa e poliedrica.

Il convegno, in programma il 2 aprile – giorno della nascita di Casanova – presso l’Aula Magna dell’Academia Cremonensis, riunirà studiosi di fama per esplorare le molteplici sfaccettature di questa figura. Un caleidoscopio di interventi che spazierà dalla musica alla letteratura, dalla diplomazia al diritto, dall’alchimia alla massoneria, fino al suo ruolo di agente segreto, delineando il ritratto di un intellettuale e uomo d’azione del Settecento europeo.

Parteciperanno: Federica Periale, Foro di Milano, Casanova laureato in Legge; Cesare Fertonani, Università degli Studi di Milano, Casanova musicista; Tiziana Zanetti, Archivio Piero Chiara di Luino, Casanova “fuori dalle righe“; Francesca Boldrini, storica della letteratura, Casanova poeta; Davide Astori, Università degli Studi di Parma, Casanova (inter)linguista; Caterina Pacifici, Foro di Cremona, Casanova cittadino della Repubblica di Venezia; Antonio Cuzzoli, già primario del Pronto Soccorso ASST di Cremona, Casanova alchimista; Marco Rocchi, Università degli Studi di Urbino, Casanova massone; Mario Caligiuri, Università della Calabria, Casanova agente segreto; Emanuele Bettini, Centro Incontri Diplomatici, Casanova diplomatico. Il convegno sarà coordinato dal professor Fabio Perrone.

Particolarmente significativa la scelta di Palazzo Zaguri come destinazione finale del violino commemorativo. Qui Casanova trovò in Pietro Zaguri un grande amico e mecenate, soggiornando più volte nel palazzo che oggi, con i suoi cinque piani e trentacinque sale, si appresta a diventare il museo dedicato alla sua memoria. Il violino cremonese sarà donato alla Fondazione Casanova e rimarrà esposto come testimone tangibile e miglior ambasciatore degli antichi legami, oggi rinnovati, tra Cremona e Venezia.

Venezia, sospesa sulla laguna, è “la città dell’occhio, dove le altre facoltà vengono in secondo piano e molto più lontane” come scrisse il premio Nobel per la letteratura, Iosif Aleksandrovič Brodskij (1940-1996),

Città divisa tra Oriente e Occidente, tra terra e mare, ha saputo per secoli trarre vantaggio dalla sua duplice natura, dominando mari, commerci e persino i piaceri della vita. Non è un caso che proprio qui, nel dicembre 1720, sia stato inaugurato il più antico caffè d’Italia, il Florian, frequentato da artisti, letterati e avventurieri, tra cui Giacomo Casanova. La sua fama è legata al suo spirito indomabile e al fascino irresistibile, ma fu molto più di un semplice libertino.

Tentò la carriera ecclesiastica, fu giocatore d’azzardo, baro, alchimista, occultista, militare, diplomatico, scienziato, viaggiatore e agente segreto. È lui stesso a raccontarlo nella sua autobiografia Mémoires de J. Casanova de Seingalt, écrits par lui-même. Scritta in lingua francese, tra il 1789 e il 1798, fu pubblicata postuma attorno al 1825 in una versione censurata. Nel 1834, fu messa al bando nell’indice dei libri proibiti, come pure tutte le altre opere dell’autore. Una nuova edizione, conforme al manoscritto originale, rimpiazzò il vecchio titolo con quello originale, Histoire de ma vie , summa narrativa di un uomo non convenzionale,

Nato a Venezia nel 1725, figlio di Zanetta Farussi, un’attrice di successo spesso in tournée in Europa, Casanova rimase presto orfano di padre. Fu proprio la madre a decidere, su consiglio dell’amico, il poeta Giorgio Baffo, il trasferimento da Venezia – dove Giacomo viveva con nonna Marzia nel sestiere di San Marco – a Padova. Qui compì i suoi studi rivelandosi studente “brillantissimo”, immatricolandosi nel 1737 all’ateneo per studiare legge.

Nel 1739 lasciò Padova per tornare a Venezia e intraprendere la carriera ecclesiastica ricevendo nel 1740 la tonsura e i voti l’anno successivo. iniziò a predicare nella chiesa di San Moisè, mostrando un notevole talento retorico. Ma Venezia, con i suoi eccessi e le sue distrazioni, esercitò su di lui una fascinazione irresistibile. Frequentava i casini, piccole dimore private in cui si giocava d’azzardo e si consumavano amori clandestini. Dichiarò di aver avuto 116 amanti, tra cui la parigina Maria Maddalena Balletti detta Manon (1740 – 1776) con la quale intrattenne un intenso scambio epistolare.

Femminista ante-litteram, nel pamphlet Lana caprina sosteneva che le differenze fra i sessi fossero dovute unicamente “all’educazione e alla condizione della donna”, criticando con sagace ironia “certo pensiero maschile” che “non è mens, ma mentula”.

Amava le donne e le rispettava, eppure furono le donne a causargli i maggiori problemi: sorpreso con l’amante di un influente senatore veneziano, Casanova fu costretto a fuggire da Venezia.

Nel 1744, senza soldi né appoggi, tornò in città e si mantenne suonando il violino.

Ma un incontro fortuito cambiò la sua vita: una notte, un ricco veneziano fu colto da malore per strada e Casanova gli prestò soccorso, vegliandolo per giorni. L’uomo era Matteo Bragadin, uno dei senatori più potenti della Serenissima, che, per riconoscenza, divenne suo mecenate.

La vita agiata però durò poco. La condotta di Casanova scandalizzava la società veneziana. L’Inquisizione della Serenissima, che disponeva di uno dei migliori servizi di Intelligence dell’epoca, iniziò a sorvegliarlo. Le Boche de Leon, cassette per le denunce segrete – ma non anonime – raccoglievano segnalazioni sul suo conto.Casanova era un profondo cultore delle scienze esoteriche, aveva studiato la cabala e le dottrine alchemiche rosacrociane. Conosceva le gerarchie angeliche, i geni planetari, le ore e i momenti migliori per i rituali cabalistici, aveva familiarità con la “proto-chimica” ed era ferratissimo in numerologia, tanto da ideare giochi ancor oggi presenti nei casinò e pure la prima lotteria al mondo. Aveva, inoltre, approfondite conoscenze della massoneria, a cui fu iniziato a Lione nel 1750.

L’accusa formale fu quindi di disprezzo della Santa Religione. Nel 1755 fu arrestato e rinchiuso nei Piombi – “piano nobile” delle prigioni di Palazzo Ducale – situati appena sotto il tetto, quindi meno umidi e dotati di luce naturale. Casanova, che non era tipo da rassegnarsi, dopo quindici mesi scavò un passaggio nel soffitto e, con l’aiuto di un compagno di cella, fuggì calandosi da un abbaino. Costretto all’esilio, iniziò a vagabondare per le corti d’Europa e conobbe personalità di ogni tipo: Voltaire, Mozart, Benjamin Franklin, papa Clemente XIII, il re prussiano Federico il Grande e la zarina Caterina la Grande.

Tornato a Venezia, credendo di poter vivere in pace, si offrì come informatore proprio all’istituzione che lo aveva condannato, ma le sue informazioni si rivelarono poco attendibili e venne congedato per “scarso rendimento”. La rottura definitiva avvenne quando, in risposta a un’offesa dei Grimani – la famiglia che lo aveva protetto – scrisse un audace pamphlet dove si dichiarava figlio naturale di Michele Grimani. Questo affronto gli costò nel 1783 il secondo e definitivo esilio, che lo portò prima a Vienna e poi in Boemia.

Nel 1785, ormai vecchio e senza risorse, trovò rifugio come bibliotecario nel castello di Dux, presso il conte Waldstein.

Aveva perso tutto: il fascino, il denaro, l’attenzione delle donne. Si dedicò alle sue memorie per non impazzire, o, come disse lui stesso, “per non morire di dolore”, fieramente convinto che “Digne ou indigne ma vie est ma matière, ma matière est ma vie”.

Il manoscritto – redatto in francese – ebbe una vicenda editoriale controversa. Nel febbraio 2010, la Biblioteca Nazionale di Francia (BnF) lo acquistò per 7,25 milioni di euro da un discendente dell’editore tedesco Friedrich Arnold Brockhaus, rendendolo uno dei testi più costosi della storia.

Casanova morì nel 1798, a 73 anni, nel castello di Dux, oggi Duchov, Repubblica Ceca. Fonti, di poco posteriori ipotizzarono, altra data e altro luogo: cinque anni più tardi, il 12 giugno 1803 a Vienna, dove abitava il fratello François, pittore cui si deve il ritratto in miniatura proposto in copertina.

La sepoltura di Casanova resta un mistero, ma la sua leggenda sopravvive. Oggi anche attraverso un violino, capace di dare voce a un uomo per cui “la realtà dipende dall’immaginazione”.

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