Intelligence, Germano Dottori al Master dell’Università della Calabria: “L’intelligence sensore del mondo che verrà, perché ribadisce la centralità del fattore umano”
Rende (21.3.2024) – “La centralità del fattore umano nella competizione politica ed economica globale” è il titolo della lezione tenuta da Germano Dottori, Consigliere d’Amministrazione Med-Or del gruppo Leonardo e Consigliere scientifico di Limes al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Dottori ha avviato la lezione con la dicotomia realismo e idealismo, e tra determinismo e volontarismo, concetti fondamentali nell’ambito dell’intelligence.
Il realismo, che ha radici antiche e si riflette in opere come “La guerra del Peloponneso” di Tucidide e “Il Principe” di Machiavelli, sottolinea l’importanza di guardare la realtà senza idealizzarla, concentrandosi sugli interessi anziché sui valori, abbracciando una visione utilitaristica della realtà.
Il docente ha evidenziato che i realisti politici, come Henry Kissinger, cerchino spesso di mantenere un approccio neutrale al servizio del potere che li arruola.
Dall’altro lato, gli idealisti mirano a cambiare il mondo e le sue regole, ponendo l’accento sui valori.
La realtà è la base di partenza per il cambiamento, all’interno della quale assumono importanza fondamentale i valori dell’individuo.
Tuttavia, Dottori ha sottolineato che sia nell’approccio realista che in quello idealista, l’aspetto emotivo è un elemento cruciale ma difficile da valutare.
La dialettica tra determinismo e volontarismo rimanda alla contrapposizione tra la geopolitica tedesca e quella della scuola francese.
Questa dialettica ancora condiziona a vari livelli le analisi condotte dagli opinion leader, dagli analisti, dai giornalisti e dai ricercatori.
Secondo Dottori l’elemento che differenzia il determinismo e il volontarismo è l’autodeterminazione dell’uomo, la rilevanza del leader.
Mentre i deterministi vedono la storia come caratterizzata da forze più grandi dell’individuo (ad esempio i processi storici),
i volontaristi credono nella capacità umana di cambiare il corso degli eventi.
La contrapposizione tra deterministi e volontaristi si impernia sull’autodeterminazione dell’uomo rispetto ai processi storici, infatti, per il
Docente in tempi ordinari, quando la politica si riduce a pura amministrazione, è plausibile che non esistano leader che imprimano delle svolte e cambino il destino dei propri paesi, al contrario, invece, ci sono momenti nei quali emergono personalità capaci di marcare la discontinuità e imporre un cambiamento.
Dottori ha citato esempi storici come Margaret Thatcher e Ronald Reagan per illustrare come alcuni leader possano effettivamente cambiare il corso degli eventi.
L’importanza del fattore umano è stata evidenziata anche nell’ambito dell’intelligence, dove la comprensione dei leader e delle loro intenzioni è cruciale.
Il docente ha ribadito che la capacità degli operatori di intelligence di manipolare gli interlocutori e di trasformarli in vettori di influenza è altrettanto importante quanto la capacità di interpretare gli eventi.
Pertanto ha sottolineato come queste coppie di opposizioni possano abbinarsi. Infatti, ci sono: realisti deterministi come George Friedman o Nicholas Spykman; idealisti deterministi come i comunisti che credevano nella assoluta inevitabilità della vittoria della Rivoluzione proletaria; volontaristi idealisti rappresentati da qualunque militante politico; ed infine i realisti volontaristi come il conte di Cavour.
Parallelamente a questa riflessione sul fattore umano, emerge l’importanza della geoeconomia nel determinare la forza politica di un paese.
La combinazione complessa di fattori materiali e immateriali, come la forza militare, economica e demografica, insieme alla psicologia collettiva e alla percezione internazionale, contribuisce a definire il potere di un paese sulla scena mondiale.
L’Italia – ha evidenziato – non è una grande potenza anche se ha i numeri per essere tale.
Infatti, la forza materiale che possediamo viene attenuata e ridotta dalla percezione di debolezza che proiettiamo all’esterno e dalla non disponibilità interna a sottoscrivere delle ambizioni sul campo internazionale.
L’economia assume quindi un ruolo cruciale in questo contesto, non solo come motore di crescita e prosperità, ma anche come strumento di potenza politica.
L’analisi geoeconomica va infatti oltre la semplice valutazione dei dati economici per comprendere come la politica possa migliorare la posizione di un paese nella divisione internazionale di un paese, rendendolo più ricco e forte.
Dottori ha allora enfatizzato l’importanza dell’anticipazione e della comprensione dei cambiamenti politici e dei leader emergenti, che possono avere un impatto significativo sulle relazioni internazionali.
Questo richiede non solo una valutazione dei dati economici e geopolitici, ma anche una comprensione approfondita delle dinamiche interne dei paesi e delle loro élite politiche.
L’analisi è proseguita analizzando il ruolo storico di figure chiave nell’economia italiana, come Enrico Mattei e Oscar Sinigaglia, e la loro influenza nel caratterizzare il percorso economico del paese.
Ha poi sottolineato l’importanza della visione strategica e dell’audacia nel perseguire obiettivi industriali a lungo termine.
Successivamente, il docente ha focalizzato l’attenzione sull’importanza della specializzazione produttiva e del valore aggiunto, evidenziando come la competizione globale premi chi riesce a creare prodotti ad alto valore e a differenziarsi sul mercato internazionale.
È stato messo in discussione il concetto di vantaggio comparato di David Ricardo, che cristallizzava la divisione del lavoro a favore di chi avesse già raggiunto un grado di sviluppo avanzato, sottolineando come esistano situazioni in cui lo Stato può e deve intervenire anche con misure protezionistiche per favorire l’impianto nel proprio paese di produzioni ad alto valore aggiunto, come è accaduto in Germania e in Giappone.
Dottori ha quindi esplorato le disparità tra paesi nel contesto europeo, evidenziando le sfide specifiche che l’Italia deve affrontare nel suo percorso di sviluppo economico.
Ha pertanto evidenziato la necessità di politiche pubbliche efficaci e di una mentalità orientata al sistema paese per affrontare le sfide globali in modo efficace.
In tale contesto l’intelligence economica deve comprendere in che direzione vanno le politiche pubbliche dei nostri competitori e quali manovre economiche possono mettere in difficoltà il nostro paese.
Nella parte finale della lezione, il docente ha illustrato la forza del tessuto produttivo italiano, evidenziando il ruolo cruciale delle piccole e medie imprese, molte delle quali internazionalizzate ma limitate nella crescita a causa di vincoli europei.
Ha quindi osservato che l’integrazione europea ha comportato la rinuncia da parte dell’Italia al suo modello di sviluppo, un tempo basato sulle partecipazioni statali e sulla concorrenza tra settore pubblico e privato.
Dottori ha infine richiamato l’attenzione sul ruolo dell’individuo e sulla sua appartenenza nazionale nel contesto della competizione economica e politica mondiale, sottolineando la necessità di sfruttare l’immaginazione e il talento individuale per compensare le limitazioni strutturali e per affrontare le sfide con determinazione e adattabilità.
In definitiva, il rapporto tra fattore umano, geoeconomia e politica internazionale costituisce il cuore dell’analisi dell’intelligence, richiedendo una visione integrata e multidisciplinare per affrontare le sfide e cogliere le opportunità nel panorama globale sempre mutevole.