Intelligence, Giuseppe Gagliano al Master dell’Università della Calabria: “La mente campo di battaglia: guerra cognitiva e intelligence”.
Rende (8.4.2024) – “La mente campo di battaglia: guerra cognitiva e intelligence” è il titolo della lezione di Giuseppe Gagliano, Presidente e fondatore del Centro Studi Strategici “Carlo de Cristoforis”, al Master in Intelligence diretto da Mario Caligiuri.
Gagliano ha approfondito una delle campagne di disinformazione del KGB negli anni della Guerra Fredda, in cui la guerra cognitiva era una forma di conflitto non convenzionale che si concentrava sulla manipolazione dell’informazione per influenzare le decisioni e le azioni degli avversari.
Ha quindi analizzato la campagna di disinformazione sulla diffusione dell’AIDS, come presunta arma batteriologica, da parte degli Stati Uniti.
Il centro di massima propagazione di questa e delle altre migliaia di false informazioni è stato il Servizio “A” del KGB.
La disinformazione è stata un’arma particolarmente efficace nell’arsenale delle misure attive di propaganda del blocco sovietico.
Gli agenti dell’URSS ritenevano che le loro campagne di disinformazione mettessero in luce verità maggiori, mettendo in luce la vera natura del capitalismo.
L’approccio “totale” di Mosca alle operazioni di influenza contrastava nettamente con il concetto americano di azione coperta portata avanti dalla CIA.
Con la fine della Guerra Fredda – sostiene Gagliano – ex ufficiali di intelligence sovietici e della Germania Est confermarono il sostegno dei loro Servizi alla campagna di disinformazione sull’AIDS.
Nel 1992, anche il direttore del SVR (intelligence estera russa) Yevgeny Primakov confermò la partecipazione del KGB.
L’emergere nei primi anni ’80 della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, la cosidetta “AIDS”, fornì agli specialisti delle misure attive sovietiche un’opportunità da sfruttare.
Tutto ciò che Mosca doveva fare era aggiungere un’interpretazione al suo collaudato tema della disinformazione sulla guerra biologica: da qui l’idea che scienziati del governo degli Stati Uniti avessero creato il virus dell’AIDS.
La campagna si aprì il 17 luglio 1983, quando un semi sconosciuto giornale indiano, “Patriot”, stampò una lettera anonima con il titolo “L’AIDS potrebbe invadere l’India: malattia misteriosa causata dagli esperimenti statunitensi”.
Non c’è quasi alcun dubbio che l’autore della lettera fosse un agente del KGB.
La missiva si basava su precedenti campagne di disinformazione che coinvolgevano la guerra batteriologica degli Stati Uniti.
Nonostante la lettera fosse inizialmente ignorata, nel 1985 la situazione cambiò con l’aumento della preoccupazione globale per la diffusione dell’AIDS.
La campagna si riaprì con un articolo sul giornale “Literaturnaya Gazeta” che sosteneva come questo virus fosse stato creato negli USA.
Una campagna di disinformazione, spiega il docente, deve essere verosimile e deve essere corroborata da più fonti.
Infatti, come nel caso della creazione dell’AIDS in un laboratorio USA a Fort Detrick, sia il KGB che la STASI utilizzarono i cosidetti “agenti di influenza moltiplicatori subconsci” che attraverso discorsi e pubblicazioni davano credito alla linea dettata da Mosca.
Per la misura attiva dell’ “AIDS” i russi si avvalsero del professore di biofisica tedesco orientale in pensione Jakob Segal, il quale, pur non avendo alcuna conoscenza specifica sull’argomento, divenne il portavoce principale della campagna.
Nonostante l’assenza di prove a sostegno o la presenza di prove contrarie, la persistenza e la diffusione delle teorie cospirative evidenziano il potere delle narrazioni persuasive che risuonano con le paure, le speranze e le esperienze delle persone.
La storia della campagna di disinformazione sull’AIDS illustra anche come le informazioni false e ingannevoli possano avere un effetto duraturo sulla percezione pubblica, alimentando diffidenza e paura anche molto tempo dopo che le loro origini sono state dimenticate o smascherate.
In conclusione, Gagliano sostiene che questa storia deve insegnarci l’importanza della trasparenza, dell’educazione alla salute pubblica e della fiducia nelle relazioni tra governi e cittadini, così come tra diverse nazioni a livello globale.
La teoria dell’AIDS come arma biologica intenzionalmente creata ha trovato terreno fertile in diverse parti del mondo, alimentata da una combinazione di diffidenza nelle autorità, timori sulla guerra biologica e sulla manipolazione genetica, oltre che da tensioni razziali e geopolitiche consolidate.