Intelligence, Luciano Romito al Master dell’Università della Calabria: “Aggiornare le norme sulla fonetica forense è fondamentale anche per l’intelligence”.
Rende (31.3.2023) – “La linguistica Forense e l’intelligence” è il tema della lezione tenuta da Luciano Romito, Professore di linguistica generale dell’Università della Calabria e coordinatore nazionale della linguistica forense al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Romito ha introdotto la lezione citando gli argomenti affrontati sui vari aspetti della linguistica: a cosa può servire e, soprattutto, oggi in Italia quali sono i problemi con la linguistica forense.
Ha constatato che la linguistica forense, ancora oggi in Italia, non è disciplinata come invece lo è la linguistica generale. Al contrario, in tutta Europa, è una dottrina insegnata in maniera diffusa. L’assenza di una disciplina, di un albo e di tutto quello che ne consegue, crea notevoli problemi nel sistema giudiziario nazionale.
Il docente ha spiegato che l’argomento è molto delicato in quanto interessa i diritti delle persone e per tale motivo dovrebbe essere svolta solamente da chi ha approfondite competenze. Purtroppo il condizionale è d’obbligo poiché, come risulta da una recente ricerca, solo il 53% degli iscritti all’anagrafe nazionale dei periti “sull’identificazione del parlatore” sono laureati e solamente il 10% di questi hanno un titolo idoneo.
La linguistica forense nei procedimenti giudiziari tocca gli ambiti dei testi scritti e della loro analisi, al fine di attribuirne scientificamente la paternità, come anche studiare l’aspetto psicologico dell’autore.
Rimanendo nello stesso ambito, anche la fonetica forense risulta essere strettamente legata alla linguistica. Infatti, le parole, viaggiano immerse in un corollario di sensi che esprimono emozioni e intenzioni, accompagnate spesso dalla gestualità; aspetto che viene invece interpretato in una sterile composizione di parole e simboli.
Altro problema evidenziato consiste nell’interpretazione del parlato, gestito nelle aule giudiziarie, spesso senza specifiche competenze. Le lingue nel mondo sono tante e molti di più sono i dialetti e le lingue minoritarie. Proprio per questo l’importante compito dovrebbe essere affidato a persone che studiano una determinata lingua e non che la parlino solamente.
Linguistica e fonetica forensi, come possono essere utili all’intelligence? Romito ha snocciolato una serie di attività che, per l’ambito della linguistica forense, vanno dall’analisi di un testo alla sua interpretazione, dalla traduzione giurata fino alla sua autenticazione.
Per ciò che riguarda la lingua parlata, ambito della fonetica forense, alcuni degli gli obiettivi sono: l’identificazione del parlante, la caratterizzazione, il confronto all’americana, la trascrizione e il filtraggio del segnale con tutte le varie sfaccettature connesse.
Nelle università italiane, afferma il docente, questo campo è poco sviluppato. Attualmente esiste un gruppo ed un osservatorio costituiti solamente da ricercatori, che forniscono informazioni di tipo scientifico a chiunque li interpelli, pubblicando anche risoluzioni e linee guida.
Un esempio sono le linee guida sulle competenze necessarie che deve avere un perito fonico all’atto di una perizia giurata sull’argomento. Inoltre, vi sono delle collaborazioni con il ministero dell’interno, tra le quali c’è un progetto europeo, già concluso e operante, grazie al quale è stato sviluppato un software denominato “Smart3”, creato da un pool di esperti in settori dedicati, attraverso il quale avviene l’identificazione semiautomatica del parlatore.
Il software, sottolinea il professore, malgrado sia a disposizione in ambito nazionale, viene utilizzato solamente dall’1% degli operatori del settore.
Non esistendo ancora alcuna validazione di metodo di dati prodotti, come possono essere le risultanze di una intercettazione telefonica, è stato creato “CorpusPrimula”, un database formato da registrazioni audio in dialetto locale di persone note, grazie al quale si può testare la validità del metodo utilizzato dai periti fonici, per l’individuazione del parlante.
Affrontando l’argomento delle trascrizioni, che occupano uno spazio importante nell’ambito giudiziario, il docente spiega cosa avviene nella realtà. Apparentemente un meccanismo semplice che nell’immaginario collettivo riconduce ai sottotitoli di un film, ma la competenza che ruota attorno alle trascrizioni, oggi, ha un livello molto basso e, in tutti i settori, vi sono “professionisti”, come i giornalisti, gli avvocati e periti vari, che contribuiscono a mantenere approssimativa questa cruciale funzione.
Attraverso l’articolo 221 del Codice di Procedura Penale il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina, ma Romito dimostra gli esiti molto diversi, ottenuti dai periti nominati nei vari Tribunali, del medesimo sonoro e auspica ad una soluzione unitaria per standardizzare e definire le linee guida per arrivare immediatamente alla giusta trascrizione di un testo.
Anche per il giudice, quale “peritus peritorum” che assume la decisione finale sulla base di prove articolate, dovrebbero essere necessarie delle competenze specifiche.
Per comprendere cos’è la comunicazione, andando oltre le sentenze della Corte di Cassazione pronunciatasi in merito, il professore l’ha equiparata a un cavo elettrico contenente una serie di fili costituiti da parole, aspetti vocali (comr il tono e il ritmo), movimento e altro.
La voce è molto più di una semplice sequenza di suoni, poichè è intrinsecamente complessa e gran parte della sua complessità è legata ai rapporti tra le singole variabili che operano al suo interno.
Romito ha quindi approfondito il tema delle registrazioni di voci intercettate, spiegando che una registrazione integrale dovrebbe includere anche il respiro e le pause, che sono importanti per la comprensione delle conversazioni, tanto che anch’esse dovrebbero essere trascritte.
Inoltre, ha discusso del concetto riguardante la trappola del “malapropismo” e dei pregiudizi, che influenzano la nostra percezione del suono. A riguardo, a sottolineato l’importanza di non comprimere i segnali audio per evitare di perdere informazioni preziose, evidenziando che la digitalizzazione delle intercettazioni presenta, purtroppo, diverse modalità operative a seconda dei Tribunali e delle società private che le gestiscono e che l’attendibilità dell’audio dipende dalle sue caratteristiche. Oggi infatti non esiste un formato audio che certifichi l’inalterabilità della traccia se non il codice hash generato. (Spiega cosa è).
Sull’affidabilità nella ricostruzione di un audio, è stato fatto riferimento al rapporto segnale-rumore, attraverso il quale si crea una scala percentuale di errore possibile. In relazione a queste due variabili, si può definire la probabilità della ricostruzione su dati scientifici.
Nella parte finale della lezione è stato sviluppato il tema dell’identificazione del parlatore, per gli addetti ai lavori “Speaker Recognition”.
In tribunale si portano le prove, spesso prodotte attraverso induci biometrici e processi di comparazione e identificazione, che non è similitudine, tiene a precisare il professore.
Esistono diversi metodi per identificare una persona attraverso la sua voce, incluse l’analisi sintattica e fonetica, che forniscono solo un indizio e possono portare a errori di false attestazioni e attribuzioni.
Tuttavia, ci sono metodi più affidabili basati su indici biometrici, come il riconoscimento della retina, delle impronte digitali e del DNA, che hanno margini di errore molto bassi. L’analisi della voce è sperimentale e ha margini di errore più elevati. In questo caso, entrano in gioco le variabilità, dove, per avere una maggiore percentuale di identificazione del parlante e diventare una prova, devono essere più elevate tra individui differenti e ridotte ai minimi, quando si tratta della medesima persona. Esistono a riguardo software appositamente studiati che supportano il metodo oggettivo di identificazione.
In conclusione, Romito ha evidenziato le criticità, individuandole nel fatto che non valutiamo i sistemi che utilizziamo; che dovremmo stare attenti alla nomina dei periti nelle aule giudiziarie per avere dei risultati scientifici, mentre abbiamo nomine di consulenti a volte poco qualificati. Inoltre, vi è anche l’assenza di un manuale sulle caratteristiche tecniche delle registrazioni. In definitiva, ha ribadito, la forbice tra metodo scientifico della linguistica forense e le norme vigenti risulta ancora troppo ampia perché si possa trovare un punto di incontro.
Comunicato stampa trasmesso dalla Direzione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria.
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