INTELLIGENCE, Miguel Gotor all’Università della Calabria: “SERVIZI DEVIATI, ALIBI DELLO STATO?”
Gli anni Settanta, il decennio più lungo del secolo breve. Lo storico Gotor indaga le profonde trasformazioni avvenute in Italia, dalla risposta giovanile all’alluvione fiorentina del 1966 al tramonto della guerra fredda. Un viaggio attraverso i momenti chiave di un’epoca segnata da tensioni, sangue e radicali – talvolta rivoluzionari – cambiamenti.
Generazione Settanta. Dalla contestazione giovanile alla fine della guerra fredda. E’ il titolo della lezione tenuta da Miguel Gotor – storico, saggista, professore di storia moderna presso l’Università di Roma Tor Vergata e assessore alla Cultura di Roma Capitale – al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Facendo riferimento al suo formidabile saggio, Generazione Settanta. Storia del decennio più lungo del secolo breve 1966-1982 (Einaudi, 2022), Gotor parte dalla considerazione che il decennio più esteso e tumultuoso del Novecento principia nel ’66, durante l’alluvione di Firenze, per chiudersi nel 1982 con la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio. Tra l’uno e l’altro evento, il Belpaese – dalla sfaccettata realtà antropologica – è segnato da fatti terribili, ma anche dalla speranza, dai processi di modernizzazione sociale, civile, culturale. E dall’ambizione di riscatto che anima gli italiani.
Un decennio anomalo, quello di Gotor, in cui l’Italia, desiderosa di emergere tra le grandi potenze economiche, si trova a fare i conti la strategia della tensione e la lotta armata da un lato, e con il movimento del ’68, il femminismo e la stagione della solidarietà nazionale dall’altro.
È la storia della generazione dei Baby Boomers, nati tra il 1946 e il 1964, cresciuti dopo la Seconda guerra mondiale sulle ceneri del regime fascista, durante la fase di ricostruzione del Paese e all’ombra della guerra fredda.
Il sottotitolo del volume, Storia del decennio più lungo del secolo breve, è giustificato dalla persistenza di eventi che scuotono il Paese per sedici lunghi anni.
Gotor commenta la formula di Eric Hobsbawm, storico britannico d’orientamento marxista, che definì il Novecento il secolo breve per antonomasia, iniziato con la Rivoluzione russa del 1917 e terminato, nel 1991, con lo sgretolamento dei Paesi del blocco sovietico.
Il docente discute la tesi di Hobsbawm, partendo da una considerazione: gli anni Settanta dell’Ottocento videro circostanze che influenzarono la storia del secolo successivo, rendendolo un secolo lungo. Tra questi eventi, Gotor menziona Congresso di Berlino, con la divisione del mondo, dell’Africa e dell’Asia, compiuta «con squadra e righello»; la Comune di Parigi, tentativo di realizzare una società socialista nel cuore dell’Europa occidentale e la diffusione di pamphlet antisemiti, xenofobi e razzisti in Francia e Germania che supportavano l’ondata colonialista e imperialista, gettando le basi per gli episodi nel cuore del Novecento, come lo sterminio degli ebrei.
Pertanto, nel 1966, si verificarono tre accadimenti il cui sviluppo condizionò la storia del decennio successivo.
Il primo evento è rappresentato, nel novembre del 1966, dalla piena dell’Arno a Firenze, che sommerse parte del patrimonio artistico e librario custodito nei musei e nelle biblioteche fiorentine dando vita a un moto spontaneo di portata internazionale, un impegno collettivo connotato da un forte protagonismo generazionale e, in particolare, femminile, noto come angeli del fango.
Il secondo, sempre nel ’66, riguarda la morte di Paolo Rossi, uno studente socialista dell’Università “La Sapienza” di Roma. La sua vita fu tragicamente interrotta durante una aggressione squadrista, segnando l’inizio della violenza politica nelle università e nelle scuole superiori.
Terzo evento, stesso anno, la pubblicazione degli atti del convegno di studio dell’istituto “Alberto Pollio” organizzato all’hotel Parco dei Principi di Roma dallo Stato Maggiore dell’Esercito Italiano. Il simposio, dal tema La Guerra Rivoluzionaria, introdusse per la prima volta la strategia della tensione. Tra gli uditori figuravano giovani militanti neofascisti che, in seguito, furono coinvolti nei fatti eversivi dello stragismo nazionale come le bombe alla Fiera campionaria e l’attentato di Piazza Fontana (Milano, 1969), la strage di Peteano (1972) e quella di Piazza della Loggia (Brescia, 1974), ma anche l’attentato sul treno Italicus, nell’agosto dello stesso anno.
Il 1982 segna l’ultimo atto dell’analisi di Gotor che evidenzia tre fatti significativi che condizionarono profondamente la storia d’Italia.
L’11 luglio di quell’anno l’Italia vinse inaspettatamente i mondiali di calcio in Spagna, battendo la Germania in finale. Il Belpaese aveva vinto l’ultimo mondiale nel 1938 e il trionfo spinse la collettività a superare la stagione di ferro e di fuoco degli anni Settanta. Gli italiani si riversarono nelle piazze e nelle strade, inondandole di bandiere tricolori, facendo rinascere quel sentimento patriottico che le bombe, gli spari e gli intrighi avevano polverizzato.
Nello stesso anno, una serie di provvedimenti normativi orientati alla lotta al terrorismo inflisse un duro colpo al partito armato e favorì il coordinamento in pool di alcuni giovani magistrati, anticipando un modello replicato negli anni Novanta per fronteggiare l’emergenza mafiosa.
Una terza ragione, di natura politica, giustifica la scelta del 1982 come data per concludere un ciclo della vita repubblicana. L’eccezionale recupero di popolarità del capo dello Stato, Sandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica Italiana, si manifestò attraverso modelli direttisti e una curvatura populistica che avvicinò il capo dello Stato ai cittadini, orientamento che si riproporrà in forme diverse nei decenni successivi.
Gotor evita di utilizzare l’espressione anni di piombo, considerandola una traduzione errata del film Die bleierne Zeit (1981) di Margarethe von Trotta. La corretta interpretazione avrebbe dovuto essere anni plumbei, ovvero anni grigi, pesanti, ma non di piombo, poiché gli anni delle stragi neofasciste, tra il ’69 e il ’74, furono semmai anni di tritolo. L’uso trasversale di questa espressione simbolica fu funzionale a evitare una riflessione critica sulla comprensione degli eventi legati allo stragismo neofascista, che vide anche la collusione di una parte degli apparati dello Stato.
Altrettanto ingannevole, per Gotor, è l’espressione Servizi segreti deviati che orienta l’opinione pubblica esclusivamente verso l’attività delle agenzie di intelligence, trascurando possibili coinvolgimenti da parte di altri corpi dello Stato. Il concetto stesso di devianza richiederebbe un’analisi più approfondita, funzionale a escludere in modo autoassolutorio il ruolo dei vertici delle strutture statali, occultando così le responsabilità di chi ha favorito, direttamente o indirettamente, attraverso comportamenti omissivi oppure negligenti, i numerosi depistaggi che hanno accompagnato le stragi neofasciste. Anche la formula strage di Stato si rivela inefficace per il docente, poiché egli afferma che «se la strage è di Stato, nessuno è stato». L’utilizzo di tale formula, infatti, ostacolerebbe l’intelligenza storica, precludendo una visione corretta e lucida dei fatti.
Nel corso della lezione è emersa, altresì, una riflessione ampia sulle diverse tipologie di violenza che hanno caratterizzato il decennio in esame. Riflessione che, tuttavia, convive con un’analisi ben più vivace: la straordinaria modernizzazione e civilizzazione del Paese.
Gotor prova allora a raccontare la storia dell’Italia, così come accaduta, recuperando la funzione civica e civile dello strumento storiografico.
La prima forma di violenza diffusa colpisce i più giovani. È la violenza subita da Paolo Rossi, sviluppatasi nelle università e nelle piazze, lungo il crinale fascismo-antifascismo, comunismo-anticomunismo, prevalentemente nelle grandi città ma anche nei piccoli centri. Si ammazza per affermare predominio e ragioni del proprio orientamento politico.
Questa forma di violenza, tuttavia, si distingue qualitativamente e quantitativamente dalla lotta armata, che implica la scelta della clandestinità e la premeditazione di ferire, uccidere ma anche di essere feriti o morire. La caratteristica della lotta armata, indipendentemente dalla sua corrente ideologica, è la selezione degli obiettivi in base alla loro funzione sociale.
Un’altra tipologia di violenza che ha segnato gli anni Settanta è quella delle stragi neofasciste: atti che colpiscono in modo indiscriminato e vigliacco cittadini inermi mediante l’uso di ordigni devastanti. La parola d’ordine, in questo caso, è destabilizzare per stabilizzare, coinvolgendo sia le istituzioni del Paese sia l’opinione pubblica nazionale. Aldo Moro, nel suo memoriale, parla di raffinati “strateghi della strategia della tensione” che agitando lo spettro del colpo di Stato in realtà hanno cercato e ottenuto una stabilizzazione moderata del sistema politico italiano.
C’è poi la violenza connessa allo stragismo internazionale. Analizzandone i tratti, ci si domanda se la sicura e accertata matrice neofascista di alcune stragi, come quelle alla Questura di Milano (1973) e alla stazione di Bologna Centrale (1980), possa avere convissuto con mandanti stranieri. Non è un segreto che l’Italia del dopoguerra ha sperimentato una doppia lealtà: formale, nei confronti della Costituzione del 1948 di ispirazione antifascista, sostanziale nei confronti dell’Alleanza Atlantica con una matrice anticomunista. Il sangue della strategia della tensione è sgorgato proprio nei punti e nei momenti di collisione tra questi due piani contrastanti. La chiave di lettura per comprendere tutto ciò porta a considerare l’importanza geopolitica dell’Italia durante la guerra fredda e il suo impatto sulla stabilità nel Mediterraneo e sulle relazioni dell’Europa atlantica le regioni mediorientali e nordafricane.
Gotor ha concluso sottolineando che gli anni Settanta sono stati anche un tempo di straordinaria modernizzazione e di progresso civile dell’Italia conquistati attraverso la mobilitazione e la partecipazione di grandi masse giovanili. Questo fenomeno, diffuso e significativo, si distingue nettamente da quel manipolo di persone che scelse la sciagurata strada dello stragismo e della lotta armata, rappresentando il cuore autentico e pulsante della Generazione Settanta egregiamente raccontata nel saggio.