Intelligence, specchio che non riflette
Mario Caligiuri, nel suo contributo all’annuario del CeSPI, esamina le intersezioni tra potere, tecnologia e democrazia evidenziando l’urgenza di un’evoluzione dell’Intelligence, Non più solo “occhio che osserva”, ma organo critico capace di penetrare la superficie, di svelare le realtà nascoste dall’apparente nitidezza delle informazioni. Proprio come l’osservatore del Falso specchio di Magritte, chiamato a guardare oltre l’immagine per coglierne il significato più profondo.
Se l’informazione è potere, come possiamo proteggere le democrazie dall‘infodemia? Nel suo contributo all’annuario CeSPI – Centro Studi di Politica Internazionale – intitolato Hard Times. Le nuove guerre e la difesa europea (Donzelli, 2024) – Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT), ordinario di Pedagogia della cultura e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria,, offre un’analisi delle sfide informative che minacciano le democrazie contemporanee.
Nel primo capitolo, intitolato L’Intelligence per costruire minoranze creative, Caligiuri identifica nella disinformazione la minaccia “regina” per l’Occidente, un fenomeno amplificato dalla rivoluzione digitale e da un crescente deficit di alfabetizzazione.
Questa infodemia è terreno fertile per operazioni di influenza orchestrate da attori statuali e non, che sfruttano raffinate tecniche di comunicazione per plasmare l’opinione pubblica. L’autore traccia parallelismi illuminanti con la “società dello spettacolo” di Guy Debord e la “fabbrica del consenso” di Noam Chomsky, evidenziando come i media siano diventati vettori di narrative distorsive, altamente tossiche.
In questo contesto, l’Intelligenza Artificiale mostra il suo lato più contraddittorio: strumento potente per l’analisi predittiva vs fonte di apprensione per la privacy e l’autonomia decisionale in ambito politico
Caligiuri mette a confronto tre contesti critici: potere, tecnologia e democrazia. Il potere nelle società liberali, ora vincolato a forme di controllo “cibernetico”, si esercita principalmente sulle informazioni. La morfologia del potere riflette l’incertezza, con le multinazionali che spesso superano gli stati in termini di capacità di spesa e d’influenza. Nell’ambito tecnologico, l’IA viene presentata non come fusione tra intelligenza biologica e ingegneria, ma come sistemi che superano le capacità umane in ruoli specifici, non ultimi quelli legati alla guerra, portando a un adattamento del mondo alle logiche digitali piuttosto che viceversa.
La democrazia rappresentativa è analizzata non solo in termini di regole e valori, ma di struttura, dalla quale emerge la separazione tra sovranità e governance. Caligiuri avverte che i meccanismi di accentramento minacciano questa separazione, rischiando di condurre verso forme di autoritarismo.
L’osservazione del disagio sociale, come catalizzatore di instabilità, è particolarmente arguta. La triade immigrazione-disoccupazione tecnologica-inadeguatezza delle élite viene identificata come fattore di rischio sistemico che richiede un approccio olistico da parte dell’Intelligence alla quale è assegnato un ruolo sostanziale: quello di promuovere consapevolezza e responsabilità.
Pur riconoscendo i limiti di questa aspettativa, l’autore delinea due percorsi per raggiungere l’obiettivo: intuire il potere profetico dell’arte e formare minoranze creative per costruire nuove civiltà. Una visione che richiama l’immagine del Falso specchio di René Magritte: l’intelligence non come mero osservatore, ma come interprete attivo, capace di svelare le realtà nascoste dall’apparente chiarezza delle informazioni, guidando così le persone verso una comprensione del mondo e salvaguardando le istituzioni democratiche.