La corsa all’egemonia tecnologica: UE, Cina e la sfida della sovranità digitale
Riflessioni a margine dell’Expo Mondiale dell’Intelligenza 2024, inaugurato a Tianjin. Caligiuri (SOCINT): “Questione strategica, per la competitività economica e per la sicurezza nazionale” .
Nel panorama geopolitico contemporaneo, la tecnologia si afferma come il nuovo terreno di confronto tra le potenze globali. L’Expo mondiale dell’Intelligenza 2024 (WIC), inaugurato nei giorni scorsi a Tianjin – città sulla costa del Mar Bohai, insenatura del Mar Giallo, a sud-est di Pechino – offre uno spaccato di questa realtà, rimarcando la supremazia cinese nel settore dell’Intelligenza Artificiale (IA) e delle tecnologie digitali avanzate. L’evento, che vede la partecipazione di 550 aziende e istituzioni su un’area espositiva di 100.000 metri quadrati, non è solo una vetrina dell’innovazione, ma un chiaro segnale delle ambizioni cinesi di dominare il futuro tecnologico globale.
La posizione dell’Unione Europea in questo scenario è precaria, come evidenzia il rapporto della Understanding EU-China exposure. Il documento rivela che la Cina possiede quasi il doppio degli operatori nel settore dell’IA rispetto all’UE, posizionandosi a ridosso degli Stati Uniti. Questa disparità non si limita all’Intelligenza Artificiale, ma si estende a settori critici come la produzione di dispositivi e componenti elettronici avanzati, dove Cina e Taiwan detengono circa il 60% dei profitti delle 500 maggiori società pubbliche del settore, contro un esiguo 1% dell’UE.
La vulnerabilità europea – così come emerge anche dalla Relazione annuale dell’Intelligence presentata al Parlamento lo scorso febbraio – si manifesta, in primo luogo, nella dipendenza dal mercato cinese per le esportazioni di tecnologie critiche, in aumento vertiginoso. La Cina, dal canto suo, persegue una strategia globale volta a colmare le lacune tecnologiche interne e a raggiungere l’indipendenza nei settori trainanti. Un sogno che si riflette non solo nella produzione, ma anche nell’efficienza creativa, dimostrando una forte capacità di trasformare l’innovazione in potenziale commerciale. Netto, per l’UE, è il divario nel settore delle start-up e delle scale-up, nei comparti digitale, elettronica, IA e deep tech, dove la Cina detiene una supremazia schiacciante. L’UE mostra invece maggiore forza nei settori dell’energia pulita e delle biotecnologie, ma ciò potrebbe non essere sufficiente per mantenere una posizione competitiva nell’economia digitale del futuro.
“La questione della sovranità tecnologica – sottolinea Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT) e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria – è cruciale in questo contesto”. Per il docente, la capacità di un’entità politica di sviluppare, produrre e mantenere tecnologie critiche, senza dipendere da attori esterni, è imprescindibile, “non solo per la competitività economica, ma anche per la sicurezza nazionale e la capacità di promuovere standard etici e normativi allineati ai valori di riferimento”.
L’UE si trova, dunque, fronte a un imperativo: bilanciare collaborazione internazionale e interessi strategici, e per affrontare questa sfida dovrà adottare un approccio multidimensionale. Il che significa, incoraggiare l’integrazione tra ricerca accademica e applicazione industriale e sostenere politiche che favoriscano la resilienza delle catene di approvvigionamento riducendo le dipendenze disfunzionali.
“Uno scenario di rapida evoluzione tecnologica e crescenti tensioni – per Caligiuri – in cui l’Intelligence assume un’importanza indubitabile. La salvaguardia della sicurezza e dell’interesse nazionale richiede un approccio dinamico nel monitoraggio e nella comprensione di tale prospettiva” che, lo ricordiamo, investe settori tradizionali e tecnologie emergenti (come l’IA, il quantum computing e le biotecnologie) al fine di identificare potenziali vulnerabilità e punti di forza che potrebbero essere sfruttati anche in scenari di affanno o conflitto. Sempre in quest’ottica l’Intelligence è chiamata a valutare i rischi di spionaggio industriale e di attacchi cyber moltiplicati con l’intensificarsi della sfida tecnologica.
“Da questo punto di vista l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN) – istituita nel 2021, lavora per rafforzare l’ecosistema digitale nazionale. L’Agenzia, diretta da Bruno Frattasi, ha tra gli altri, il compito di attuare la Strategia Nazionale di Cybersicurezza, adottata dal Presidente del Consiglio, che contiene gli obiettivi da perseguire entro il 2026″. Tra le attività di ACN rientrano altresì la promozione e la diffusione nel nostro Paese della cultura e della consapevolezza della sicurezza informatica.
“L’ascesa della Cina come superpotenza tecnologica – prosegue Caligiuri – rientra nell’ambito dell’influenza geopolitica e della capacità di plasmare il futuro dell’ordine mondiale“.
L’UE si trova a un bivio: può scegliere di intensificare gli sforzi per colmare il divario tecnologico, o rischiare di diventare un attore marginale in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia. La posta in gioco non potrebbe essere più alta, e le decisioni prese oggi determineranno la posizione dell’Europa nei decenni a venire.
“Una considerazione – conclude Caligiuri – che nel 2018 cominciava già a emergere. Infatti, sulla rivista della nostra Intelligence, GNOSIS, avevo espresso l’opinione che il nuovo ordine mondiale si sarebbe costruito intorno all’IA e i Servizi avrebbero dovuto occuparsene, monitorando con attenzione il settore: sia per sostenere lo sviluppo e l’adozione di un’IA eticamente affidabile, sia per evitare che Stati e persone fossero sopraffatti dalla disinformazione. Oggi appare chiaro che il campo di battaglia, per gli scontri di potere, è rappresentato dalla mente delle persone. Una possibile forma di resistenza, sebbene spuntata, è rappresentata dall’educazione, come strumento per aumentare il pensiero critico e per formare competenze avanzate. Entrambe azioni indispensabili ma, realisticamente, assai problematiche”.