La Cucina dell’Intelligence: assaggi, spionaggi, miraggi
Mario Caligiuri (SOCINT) incontra, a Milano, gli studenti dell’Istituto alberghiero Vespucci e svela il legame tra due discipline apparentemente distanti.
La Cucina – dove i sensi e l’intelletto umano si incontrano – non di rado è associata al mondo dell’Intelligence. Il legame tra queste discipline non è, infatti, casuale poiché tocca un aspetto dell’intelligenza che va oltre il mentale.
Da questa riflessione prende forma l’incontro tra Mario Caligiuri – presidente della Società Italiana d’Intelligence, direttore del Master in Intelligence e ordinario di Pedagogia dell’Università della Calabria – e gli studenti dell’IPSEOA Amerigo Vespucci di Milano che avrà luogo, venerdì 8 marzo dalle 10 alle 12, nella sede dell’istituto di via Peroni.
Caligiuri precisa subito che «la parola Intelligence deriva dal latino intus/ dentro e legĕre/leggere, con una radice che indica legare, tenere insieme.Un’attività antichissima, risultato del cosiddetto ciclo dell’Intelligence».
Ecco, allora, la Cucina come metafora: «così come un cuoco combina sapientemente gli ingredienti per creare un piatto equilibrato – spiega il docente – gli analisti dell’Intelligence raccolgono, elaborano, valutano informazioni per ottenere una visione completa delle minacce e dei pericoli per la sicurezza nazionale».
Il parallelo tra Cucina e Intelligence non si ferma qui. Entrambe richiedono un approccio metodico, la capacità di discernere dettagli sottili e una profonda conoscenza degli ingredienti.
E come in cucina non un solo individuo ma una brigata – la Brigade de Cuisine ideata da Auguste Escoffier alla fine del XIX secolo per l’Hotel Ritz di Parigi – trasforma materie prime, accostando e mescolando elementi anche in contrasto tra loro, analogamente le agenzie di Intelligence coordinano gli sforzi tra unità diverse e collaborano con altre agenzie, nazionali e internazionali, per affrontare le sfide geopolitiche contemporanee.
La Cucina, infatti, è una fusione di influenze e anche nel piatto più tipico si ritrova il mondo intero.
Umberto Broccoli nel suo libro Spiedi. Cibo e servizi segreti (Nuova Argos) indaga ulteriormente il legame tra cibo e intelligence profilando le spie più note al pubblico.
Inimitabile il gusto gastronomico di FUDA, Federico Umberto D’Amato, alias Federico Godio, prefetto di Polizia ed ex capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, fondatore nel 1978 della Guida d’Italia. 1500 ristoranti e trattorie, 500 alberghi e pensioni, noti e meno noti . Nella prefazione alla prima edizione Zaff – così lo chiamavano gli amici, per via di quella passione per la zuppa di pesce alla marsigliese a cui gli stigmi del Crocus sativum regala colore e sapore – scriveva: «vogliamo batterci contro le salse pesanti e indigeste, le presentazioni ingannatrici, i cibi precotti e stracotti, le preparazioni alambiccate, i trucchi del cattivo mestiere, la routine livellante, la mancanza di fantasia. Con questo non rinneghiamo nulla del buon passato, della “cucina della nonna”, delle cucine regionali, scrigni che contengono autentici tesori. […] Ci siamo imbattuti in qualche ristorantino di provincia […] ove abbiamo trovato sapori sconosciuti e dimenticati che il genio popolare […] ha saputo inventare con i più umili ingredienti».
Giacomo Pacini, ricercatore e saggista, nel volume La spia intoccabile (Einaudi) spiega come l’interesse per la ristorazione di D’Amato – finissimo gastronomo e critico culinario – fosse funzionale alla sua professione primaria, citando il caso dei numerosi incontri che il direttore dell’Uar intrattenne con funzionari d’ambasciata sovietica nella trattoria Papà Giovanni di via dei Sediari a Roma.
«Ogni buon agente segreto – scrive lo stesso D’Amato nel suo libro Menu e dossier. Ricordi e divagazioni di un poliziotto gastronomo (Rizzoli) – insieme al cifrario o al mini-registratore, ha sempre un taccuino con i buoni indirizzi di forchette nel suo Paese e all’estero. Questi ristoranti sono convenzionalmente una specie di campo neutro, dove si parla liberamente, senza timore di registrazioni clandestine o di altri trucchi e dove i camerieri hanno una sorta di nulla osta di sicurezza».
Il libro, dalla copertina color zafferano, è oggi praticamente introvabile. In rete si trova però la registrazione della puntata della rubrica La poltrona scomoda (Mixer Cultura, Rai 2, 1987) intitolata La pastasciutta va abolita? Ospite d’onore, un D’Amato “giornalista gastronomico” pienamente a favore della pastasciutta che, sui titoli di coda, afferma: «Mi sono sempre servito dell’arte del bel mangiare soprattutto per gratificare me stesso. Una delle cose più piacevoli che possa offrire la vita, insieme a qualche altra. Poi perché la tavola, non soltanto in materia di spionaggio, ma anche in materia di diplomazia, di politica, di pubbliche relazioni, rappresenta uno degli elementi essenziali del rapporto umano».
Del resto il connubio Intelligence-Cucina non si limita al piacere culinario ma offre una prospettiva più ampia nell’analisi degli eventi, storici e contemporanei.
«Unire le due discipline – evidenzia concludendo Caligiuri – è un esercizio intellettuale che sviluppa la capacità di “leggere dentro” non solo ai fatti, ma anche ai contesti e alle relazioni che spesso sfuggono a una visione superficiale degli eventi».
Un modo per affinare una mentalità critica e creativa che consente di mettere a fuoco, tra le linee più sottili, quelle che meglio caratterizzano il disegno, contribuendo a promuovere una visione profonda e informata della realtà che ci circonda.