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Le nuove sfide della sicurezza: dalla pandemia alla sorveglianza sanitaria

Francesco Sidoti

Francesco Sidoti, sociologo e criminologo, nell’inserto culturale de Il Quotidiano del Sud esplora le dinamiche emergenti della Medical Intelligence nel contesto delle sfide poste dalle pandemie e dalle emergenze sanitarie.

La sua analisi approfondisce temi come la polarizzazione ideologica nel dibattito scientifico, il ruolo di attori privati e statali, le difficoltà della governance internazionale e l’intersezione tra salute, intelligence e sicurezza.

L’emergenza pandemica da COVID-19 ha messo in luce l’importanza di disporre di strumenti efficaci per il monitoraggio e la gestione delle crisi sanitarie. Una delle risposte a questa esigenza, spiega Sidoti, è la Medical intelligence.

La Medical Intelligence è un settore, relativamente nuovo, che sta guadagnando crescente attenzione.

Come definita dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e dal Glossario di intelligence italiano del 2013, essa annovera la raccolta di dati bioscientifici, biomedici ed epidemiologici per preservare la sicurezza nazionale e la capacità operativa delle forze armate. Il suo ambito d’azione comprende anche l’analisi delle infrastrutture sanitarie straniere, sia in contesto civile sia militare. Questa disciplina oggi include minacce come bioterrorismo, emergenze nucleari, chimiche e radiologiche come pure la gestione delle informazioni sanitarie, evidenziando l’intersezione tra protezione dei dati sanitari e cybersecurity.

La Medical Intelligence, rileva Sidoti, affonda le sue radici nel passato coloniale, quando le forze militari occidentali, impegnate in territori ostili, cercavano di mantenere le truppe in salute. Durante la Guerra Fredda, la disciplina si è evoluta per monitorare le minacce biologiche e chimiche da parte di potenze rivali. Oggi, con la crescente consapevolezza della “società del rischio”, la Medical Intelligence può essere definita un campo multidisciplinare, essenziale tanto per la sicurezza quanto per la promozione della salute.

Uno dei temi centrali dell’analisi di Sidoti riguarda la frattura ideologica che pervade il mondo scientifico e il dibattito pubblico sulle emergenze sanitarie.

La pandemia da COVID-19 ha dimostrato come la disputa possa trasformarsi in una questione politica e ideologica, creando divisioni tra esperti e influenzando la capacità decisionale delle istituzioni.

Sidoti – che è anche docente al Master in Intelligence dell’Università della Calabria – evidenzia come molti epidemiologi e virologi siano schierati su posizioni opposte riguardo l’istituzione della Commissione parlamentare d’inchiesta, e come tali divergenze si riflettano sulle decisioni politiche nazionali. Questa frattura è visibile anche a livello internazionale, con le polemiche intorno alle dichiarazioni di Anthony Fauci o gli attacchi provenienti da figure di spicco come Elon Musk e alcuni senatori repubblicani.

Le divisioni ideologiche all’interno della comunità scientifica rappresentano un rischio per la governance sanitaria, poiché possono compromettere l’efficacia delle risposte a crisi future.

Un sistema di Medical Intelligence ben strutturato dovrebbe essere in grado di superare queste divisioni, fornendo dati e analisi imparziali, utili a sostenere decisioni basate su fatti piuttosto che su opinioni o, peggio, su interessi politici.

Altro tema emerso nell’analisi di Sidoti, la difficoltà della comunità internazionale nel raggiungere un consenso su questioni sostanziali, come il Pandemic Accord promosso dall’OMS. Le negoziazioni, per questo accordo, sono state rinviate al 2025, mettendo in risalto diffidenze tra Stati e un’incapacità di individuare una governance unitaria che ha reso il sistema sanitario vulnerabile a nuove crisi.

Nel contesto della presidenza italiana del G7, Sidoti segnala l’importanza di incontri riservati tra i Ministri della Salute per discutere questioni legate alla preparazione e alla prevenzione delle pandemie future. Un’opportunità per l’Italia di promuovere una collaborazione internazionale che potrebbe offrire un quadro più chiaro delle minacce e una risposta più efficace.

Sidoti si sofferma anche sulla possibilità che attori malevoli possano sfruttare le crisi sanitarie per ottenere vantaggi. Tra le minacce più temute vi è il bioterrorismo: agenti patogeni utilizzati per creare caos e destabilizzare le nazioni. La Medical Intelligence deve, pertanto, essere in grado di monitorare e prevenire attacchi biologici e chimici, mantenendo un’attenzione particolare ai segnali premonitori.

La protezione delle infrastrutture sanitarie è strettamente connessa alla cybersecurity. La crescente dipendenza dai sistemi digitali per la gestione delle informazioni sanitarie espone i Paesi a rischi di sabotaggio o attacchi informatici. Una maggiore sinergia tra Medical Intelligence e cybersecurity è indispensabile per proteggere i dati e garantire la resilienza degli apparati sanitari.

Sidoti non manca di considerare il coinvolgimento di attori privati – citando Bill Gates – e le previsioni di nuove pandemie fatte da scienziati come Matteo Bassetti e Ilaria Capua. Questo suggerisce che la Medical Intellitence non è più solo una questione statale, ma coinvolge uomini di potere.

Ciò solleva importanti questioni di trasparenza e accountability: le decisioni prese da organizzazioni private influenzano la governance della salute pubblica e possono generare conflitti di interesse. Compito della Medical Intelligence monitorare tali dinamiche al fine di tutelare gli interessi collettivi.

La complessità caratterizza sia la medicina sia l’Intelligence. Entrambe le discipline “si occupano di questioni vitali” che non sempre possono essere semplificate. Sidoti conclude la sua riflessione affermando che “una consapevolezza smaliziata” delle interazioni tra medicina e intelligence potrebbe diventare “un segmento fondamentale della strategia di empowerment in una democrazia avanzata”.

Le metodologie dell’Intelligence possono effettivamente arricchire l’analisi medica e la risposta alle emergenze, ma è necessario mantenere una consapevolezza critica, per evitare derive autoritarie o un uso improprio di queste conoscenze.

Trasparenza, controllo democratico e una governance efficace possono garantire che questa integrazione serva realmente il bene comune.

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