L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E L’EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ
L’intervento di Mario Caligiuri alla Cyber Crime Conference 2025, evento organizzato da ICT Security Magazine in collaborazione con CYBER 4.0 e Società Italiana di Intelligence.
L’Intelligenza Artificiale non è soltanto una tecnologia: è un passaggio d’epoca. Alla tredicesima edizione della Cyber Crime Conference, Mario Caligiuri ha offerto una riflessione lucida e non convenzionale su ciò che l’IA rappresenta oggi per la società, il diritto, l’educazione e la democrazia. Nel suo intervento all’Auditorium della Tecnica di Roma, il presidente della Società Italiana di Intelligence ha definito l’IA un “salto di specie”, paragonabile alla transizione dall’uomo di Neanderthal all’Homo sapiens. Nel suo lungo intervento ha evidenziato come le categorie concettuali e giuridiche, incluso l’AI Act europeo, risultino inadeguate a regolamentare un fenomeno in rapida evoluzione che trascende i confini nazionali. L’analisi si è estesa alla società della disinformazione, caratterizzata da un paradosso: l’eccesso di informazioni disponibili contrapposto a un insufficiente livello di alfabetizzazione funzionale (che in Italia supera il 30% della popolazione). In questo contesto, l’Intelligence – intesa come metodo di analisi critica delle informazioni – diventa strumento essenziale per decifrare la complessità e proteggere la democrazia dalle sue tendenze degenerative. Caligiuri ha esaminato le vulnerabilità strutturali dell’Italia – demografia negativa, fragilità del sistema educativo, criminalità organizzata – e individuato nell’educazione la chiave per affrontare le sfide contemporanee. Tuttavia, ha evidenziato anche come le istituzioni educative tradizionali, caratterizzate da autoreferenzialità e inerzia temporale, siano parte del problema. Tra le soluzioni proposte, l’accelerazione dell’apprendimento attraverso tutor basati sull’IA, l’introduzione della cybersicurezza come materia scolastica, lo sviluppo di “algoritmi educativi” orientati al pensiero critico anziché al consumo. Una preoccupazione centrale è il rischio di una nuova disuguaglianza cognitiva tra una élite che padroneggia l’IA e una maggioranza che ne resta esclusa. Per contrastare questa tendenza, Caligiuri ha suggerito un ritorno all’oralità nell’educazione – riprendendo pratiche come la disputatio medievale – per valorizzare dimensioni dell’intelligenza umana difficilmente replicabili dalle macchine. Nel concludere, si è soffermato a riflettere sulle frontiere oltre l’IA – quantum computing, wetware – e sulla crisi della verità nelle società contemporanee, auspicando un recupero della capacità di leggere criticamente la realtà che ci circonda.
Testo integrale dell’intervento di Mario Caligiuri alla CYBER CRIME CONFERENCE 2025
L’ultimo rapporto Eurispes ci rivela che in Italia il 68% dei nostri concittadini sa poco o non sa nulla dell’Intelligenza Artificiale. Solo il 32% ritiene di averne qualche conoscenza. Personalmente, vorrei concentrarmi proprio su questo 32%, su chi ritiene di aver compreso qualcosa sull”intelligenza artificiale’IA e le sue applicazioni. Dal mio punto di vista, il fenomeno cui stiamo assistendo non è paragonabile alla caduta dell’Impero Romano, alla scoperta dell’America o alla caduta della Bastiglia. È molto più profondo: è come l’uomo di Neanderthal che sta diventando Homo sapiens, è il bruco che si trasforma in farfalla. Siamo di fronte a un vero e proprio salto di specie, ma non l’abbiamo ancora compreso pienamente, perché continuiamo a utilizzare parole, concetti culturali, categorie mentali e teorie giuridiche riferite a un mondo ormai in via di estinzione.
LA REGOLAMENTAZIONE DELL’IA
L’esempio più evidente di questo scollamento è l’AI Act dell’Unione Europea che, prima al mondo (fatto significativo), cerca di regolamentare l’Intelligenza Artificiale. È stato certamente un passo necessario, poiché senza regole saremmo nel Far West, dove inevitabilmente prevalgono i più forti. Tuttavia, dobbiamo chiederci: è davvero possibile regolamentare un fenomeno senza precedenti nella storia dell’umanità, che evolve a velocità esponenziale, attraverso strumenti rigidi come la legge, specialmente quella di derivazione romana? Inoltre, consideriamo la prospettiva: noi europei rappresentiamo appena 455 milioni di persone su oltre 8 miliardi di abitanti del pianeta. Quali piattaforme possiamo effettivamente regolamentare nel contesto globale? Le regole sono certamente necessarie, ma rischiano di avere un valore più simbolico che pratico.
LA DISINFORMAZIONE COME EMERGENZA DEMOCRATICA
Affrontiamo ora il tema dell’Intelligence. Oggi la metamorfosi del mondo è offuscata dalla disinformazione, che rappresenta la vera emergenza educativa e democratica del nostro tempo. La società della disinformazione si caratterizza per un paradosso: da un lato, l’eccesso di informazioni disponibili; dall’altro, un insufficiente livello di istruzione sostanziale. Questo squilibrio genera un corto circuito cognitivo che allontana ulteriormente le persone dalla già difficile comprensione della realtà. Gli studi cognitivi ci mostrano che a livello cerebrale riusciamo a elaborare simultaneamente solo circa 7 concetti e possiamo rispondere a non più di 365 stimoli al secondo. Ciò che eccede questa capacità semplicemente non viene elaborato dalla mente umana. Quanto al livello di istruzione nel nostro paese, i dati sono preoccupanti: secondo Tullio De Mauro, il 76% degli italiani non comprende pienamente una frase complessa nella propria lingua. L’OCSE rileva che oltre il 30% della popolazione italiana è costituita da analfabeti funzionali – persone che, pur sapendo leggere, scrivere e far di conto, non riescono a utilizzare efficacemente queste competenze nella vita quotidiana. E si tratta delle stesse persone che rispondono ai sondaggi, interagiscono sui social media e partecipano alle consultazioni elettorali – una riflessione, questa, che dovrebbe farci interrogare sulla natura stessa della democrazia contemporanea. Viviamo dunque in una società dove la realtà oggettiva e la sua percezione pubblica divergono radicalmente. Siamo come pesci nell’acqua: ciò di cui i pesci sono completamente inconsapevoli è proprio l’elemento in cui sono immersi. Analogamente, siamo talmente circondati dalla disinformazione da non percepirla più. Di qui la necessità di sviluppare strumenti per cogliere la complessità del reale.
IL RUOLO DELL’INTELLIGENCE
Il compito degli intellettuali è proprio quello di decifrare e semplificare la complessità. Con il termine “intelligence” identifichiamo diverse realtà: un apparato dello Stato (i cosiddetti “servizi segreti”, definizione impropria), un metodo di analisi delle informazioni che tutti utilizziamo per supportare le nostre decisioni, e l’insieme di queste funzioni – raccolta, analisi e utilizzo delle informazioni. L’Intelligence è fondamentale perché contestualizza i dati, trasformandoli in conoscenza. Un dato isolato è privo di valore; acquista significato solo quando inserito in un sistema interpretativo. L’Intelligence permette di individuare informazioni rilevanti, di cogliere i segnali deboli (quelli forti sono evidenti a tutti e spesso fuorvianti), di connettere elementi apparentemente slegati, e di mitigare i bias cognitivi che inevitabilmente influenzano il nostro pensiero. In ultima analisi, l’intelligence serve a proteggere la democrazia dalle sue stesse tendenze degenerative. Come osservava Aristotele nel IV secolo a.C., ogni sistema politico è soggetto a inevitabili degenerazioni: la monarchia può degenerare in tirannide, l’aristocrazia in oligarchia, e la democrazia in demagogia – ciò che oggi chiamiamo populismo.
IL FUTURO DELL’ITALIA TRA DEBITO E TECNOLOGIA
Qual è dunque il futuro del nostro paese? Potremmo dire che il futuro è già presente. I giornali riportano che il debito pubblico italiano ha superato i 3.000 miliardi di euro. Questa cifra ci induce a riflettere sulle possibili fratture a medio termine, le linee di faglia che potrebbero determinare il passaggio da una forma di civiltà a un’altra. Non c’è solo la rivoluzione digitale e la sfida dell’intelligenza artificiale; c’è anche la questione della sostenibilità fiscale. Non è casuale che l’epoca contemporanea sia nata con le rivoluzioni americana e francese, entrambe scaturite da crisi fiscali. Il motto americano “no taxation without representation” (nessuna tassazione senza rappresentanza) esprimeva il rifiuto di pagare imposte senza poter determinare come venissero amministrate. La crisi fiscale, dunque, può innescare un cambiamento di paradigma tanto quanto la rivoluzione digitale. Se osserviamo gli eventi attuali, la guerra dei dazi rappresenta una messa in discussione del modello di globalizzazione finora prevalente. Analogamente, negli Stati Uniti assistiamo alla convergenza tra potere politico e potere tecnologico (esemplificata dall’alleanza tra Donald Trump e Elon Musk), che può essere interpretata come una risposta strategica al modello cinese, dove potere economico e potere politico sono già strettamente integrati. Nel contesto della globalizzazione, prevarrà chi sarà in grado di prendere decisioni più rapidamente riguardo ai rischi e alle opportunità che coinvolgono l’interesse nazionale.
PUNTI DI DEBOLEZZA E DI FORZA DELL’ITALIA
È essenziale comprendere la posizione dell’Italia in questo scenario. Come ogni paese, abbiamo punti di forza e di debolezza. Tra le nostre vulnerabilità principali:
la demografia negativa: la continua diminuzione della popolazione si traduce in un impoverimento progressivo del paese;
le carenze del sistema educativo: il nostro sistema d’istruzione presenta gravi fragilità, con un divario sempre più pronunciato tra Nord e Sud che testimonia la persistente divisione del paese. L’esperienza formativa, l’accesso alle cure sanitarie, l’opportunità di ottenere finanziamenti bancari – tutti questi aspetti variano drasticamente in base alla collocazione geografica. Mentre i paesi del Sud-Est asiatico registrano progressi impressionanti in campo educativo, l’intero Occidente mostra segni di regressione, come documentato dall’OCSE;
la criminalità organizzata: questo fenomeno rappresenta una patologia sistemica. È significativo che la City di Londra, principale centro finanziario mondiale, sia contemporaneamente il più importante hub di riciclaggio di capitali illeciti. Emblematico è anche il caso dello studio legale Mossack Fonseca a Panama, che forniva servizi societari sia a istituzioni rispettabili come la Deutsche Bank, sia a organizzazioni legate al narcotraffico colombiano;
L’EDUCAZIONE COME STRUMENTO DI TRASFORMAZIONE
In questo quadro complesso, quali strumenti abbiamo a disposizione? L’educazione emerge come risorsa fondamentale. Di fronte a problematiche diverse – dai femminicidi ai danni ambientali, dalle disparità economiche alla disoccupazione, dalla criminalità alla corruzione – si invoca invariabilmente l’educazione come soluzione. Questo accade perché tutte le altre strategie hanno mostrato i loro limiti. Tuttavia, dobbiamo riconoscere alcune criticità:
l‘autoreferenzialità istituzionale: le istituzioni educative, così come sono attualmente strutturate, non rappresentano la soluzione, ma parte del problema. Come evidenziato dalla teoria di Niskanen, ogni burocrazia tende all’autoreferenzialità: la scuola, l’università, il parlamento tendono a privilegiare la propria autoconservazione rispetto ai servizi che dovrebbero erogare;
l‘inerzia temporale: nel campo dell’educazione, i cambiamenti richiedono decenni per manifestare i loro effetti. Una riforma implementata oggi produrrà risultati apprezzabili solo dopo molti anni. Pensiamo alla riforma Gentile, di cui recentemente si è celebrato il centenario: fu uno strumento essenziale per la trasformazione dell’Italia da società prevalentemente agricola a paese industrializzato, formando i quadri tecnici e dirigenziali necessari a questo sviluppo.
l‘eredità problematica: oggi viviamo le conseguenze delle politiche educative nate con il movimento del ’68, ulteriormente accentuate dalle riforme universitarie susseguitesi dalla fine degli anni ’90. Se il ’68 fu un fenomeno internazionale – da Berlino a Parigi, da Londra a Roma – solo in Italia si arrivò a richiedere e ottenere il “sei politico”, il “diciotto politico” e gli esami di gruppo, con conseguenze che stiamo ancora sperimentando.
ACCELERARE L’APPRENDIMENTO CON LE NUOVE TECNOLOGIE
La sfida principale è accelerare i tempi di apprendimento. Questa esigenza era già stata identificata dalla DARPA, l’agenzia del Dipartimento della Difesa statunitense che, significativamente, nel 1969 – lo stesso anno delle contestazioni studentesche – creò Internet. Nel 1994, la stessa agenzia avviò il progetto AUGCOG (Augmented Cognition) per potenziare le facoltà cognitive umane mediante l’integrazione con le tecnologie. Un recente studio della Banca Mondiale, annunciato ma non ancora pubblicato, ha sperimentato l’uso di un tutor basato sull’intelligenza artificiale per un periodo di sei settimane (giugno-luglio 2024). I risultati preliminari suggeriscono che questo breve periodo di utilizzo dell’IA equivarrebbe a due anni di educazione tradizionale. Attendiamo la pubblicazione completa dello studio per verificare l’affidabilità di queste conclusioni.
LA CYBERSICUREZZA COME COMPETENZA FONDAMENTALE
Un’iniziativa promettente è il protocollo d’intesa tra l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) e il Ministero dell’Istruzione e del Merito, finalizzato all’introduzione della cybersicurezza come materia di base nel curriculum scolastico italiano. Questo approccio rappresenta un cambio di paradigma: conoscere i rischi digitali diventa prerequisito per sfruttare le straordinarie opportunità conoscitive offerte dal web. Per contestualizzare, ricordo che nel 1990 acquistai l’Enciclopedia Treccani al costo di circa 10-11 milioni di lire. Oggi, quell’immenso patrimonio di conoscenze è accessibile gratuitamente online. Se impariamo a navigare efficacemente questo oceano informativo – sapendo cosa cercare e come cercarlo – possiamo trarne benefici inestimabili.
L’ALGORITMO EDUCATIVO: UNA PROPOSTA INNOVATIVA
Sto sviluppando una riflessione sull’idea di un “algoritmo educativo”. Ho pubblicato un articolo su Wired a gennaio sull’argomento, e uno studio più approfondito apparirà sulla rivista Studi della formazione dell’Università di Firenze. Il ragionamento è il seguente: se gli algoritmi commerciali funzionano efficacemente (come dimostra il loro ruolo centrale nell’economia digitale), perché non potrebbero funzionare algoritmi progettati non per stimolare il consumo ma la riflessione, non per suscitare emozioni ma per promuovere il ragionamento critico? È una proposta sperimentale che, coerentemente con il mio ruolo di educatore e studioso, sottopongo alla discussione.
IL RISCHIO DI UNA NUOVA DISUGUAGLIANZA COGNITIVA
Ho recentemente partecipato alla discussione delle tesi di laurea presso il CASRI (Centro Alti Studi per la Ricerca Integrata), istituzione all’avanguardia nel panorama accademico italiano. Significativamente, tutte le tesi erano incentrate sull’intelligenza artificiale. La questione cruciale è la seguente: se l’intelligenza artificiale diventa sempre più sofisticata ed efficiente, ma solo una minoranza della popolazione è in grado di utilizzarla pienamente, rischiamo di creare una nuova forma di esclusione sociale. Non è casuale che Yuval Noah Harari parli dell’emergere di due distinte “specie umane”: una élite che padroneggerà la tecnologia e la massa che ne resterà ai margini. Diventa quindi imperativo investire nello sviluppo delle capacità umane, riducendo i tempi di apprendimento e ampliando lo spettro delle nostre abilità.
RIVALUTARE L’ORALITÀ NELL’ERA DELL’IA GENERATIVA
Un aspetto particolarmente preoccupante è la difficoltà crescente di distinguere i testi prodotti da esseri umani da quelli generati da sistemi come ChatGPT. Questo solleva interrogativi fondamentali: come valutare l’autenticità della produzione scientifica? Come selezionare e promuovere docenti universitari e ricercatori quando gli articoli accademici potrebbero essere stati elaborati da intelligenze artificiali? La risposta potrebbe risiedere nel recupero della dimensione orale della conoscenza. Nelle università medievali, la disputatio – il dibattito tra studenti e tra studenti e docenti – era prerequisito per l’ammissione agli esami. Questo modello dialogico, basato sull’interazione diretta e non mediata, potrebbe riacquistare centralità nell’era dell’IA.
OLTRE L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: IL FUTURO DELL’UMANITÀ
È necessario un ritorno all’intelligenza propriamente umana. Oltre l’intelligenza artificiale e l’intelligence come strumento di sicurezza nazionale, dobbiamo interrogarci sul futuro degli Stati stessi. Nelle democrazie occidentali, le multinazionali esercitano un’influenza determinante sulle politiche governative. Come osservava il premio Nobel Friedrich von Hayek già ai tempi della Guerra Fredda, la politica non è più il luogo centrale delle decisioni che plasmano il futuro della società. I parlamenti si limitano spesso a ratificare scelte prese altrove, una tendenza oggi più evidente che mai. L’Intelligence rimane la forma più raffinata di intelligenza, capace di trascendere i limiti dei sistemi artificiali. Come mi spiegava Tullio De Mauro, l’etimologia stessa della parola “Intelligence” rimanda alla capacità di “leggere dentro” (dal latino “intelligere”). Questa facoltà è intrinsecamente legata alle più alte espressioni dell’umanità: la logica, la razionalità, il pensiero critico. È quindi fondamentale coltivare e preservare queste qualità specificamente umane. Quali sviluppi ci attendono oltre l’intelligenza artificiale? Diverse frontiere si profilano all’orizzonte: il quantum computing e la fisica quantistica rappresentano l’ambito più promettente; il wetware (l’integrazione tra tecnologia e tessuti biologici) suscita interesse pur tra molte perplessità; alcuni teorizzano persino il teletrasporto. La storia ci insegna che i confini dell’impossibile si sono sempre spostati progressivamente più in là.
CONCLUSIONE
I viaggi interplanetari, potenziati dall’intelligenza artificiale, potrebbero ridurre drasticamente i tempi necessari per raggiungere Marte, attualmente proibitivi con le tecnologie convenzionali. Concludo citando alcune figure emblematiche di questa rivoluzione: Sam Altman, tra i principali innovatori nel campo dell’IA, ha collaborato con Elon Musk in iniziative pionieristiche. Il mentore di Altman, Reid Hoffman (di cui in Italia è stato tradotto solo un testo sulle startup), è stato a sua volta influenzato dal pensiero di René Girard, il filosofo francese che ha elaborato la teoria del “capro espiatorio” e che riprende l’espressione evangelica “le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo” (Matteo 13:35). La realtà è sempre davanti ai nostri occhi, ma spesso non riusciamo a percepirla. Il filosofo sudcoreano Byung-chul Han identifica nella nostra epoca una profonda “crisi della verità”: nei regimi autoritari, la verità viene attivamente soppressa (come dimostra la tragica vicenda di Alexei Navalny in Russia); nelle società democratiche, paradossalmente, la verità rischia di diventare irrilevante, priva di conseguenze pratiche. Auspico che questo convegno possa generare idee illuminanti che ci avvicinino alla verità e arricchiscano la nostra comprensione collettiva.