Pedagogia della nazione, un grande passo verso la “beneducazióne”
Il fallimento delle riforme educative, la crescita delle disuguaglianze e l’incapacità di trattenere i giovani laureati sono tutti fattori che minacciano non solo lo sviluppo economico, ma anche la sicurezza del Paese. In questo contesto, la “pedagogia della nazione” – teorizzata da Mario Caligiuri nel saggio Maleducati edito da Luiss University Press – rappresenta una possibile via d’uscita, ponendo la formazione al centro delle strategie per il futuro.
L’educazione rappresenta un pilastro fondamentale non solo per lo sviluppo economico e sociale di una nazione, ma anche per la sua sicurezza nazionale. In Italia, tuttavia, il sistema educativo ha mostrato, negli ultimi decenni, significative lacune con riforme frammentarie prive di visione strategica.
Questo è il quadro che emerge sia dal saggio Maleducati (Luiss University Press) di Mario Caligiuri, sia dai recenti dati Eurostat che rivelano l’incapacità del Paese di integrare efficacemente i giovani laureati nel mercato del lavoro. L’intreccio tra educazione, disuguaglianze sociali e sicurezza nazionale è complesso e richiede una riflessione, soprattutto in un contesto globale sempre più competitivo e instabile.
Caligiuri – intervistato da Francesco Straticò, Tgr RAI Calabria – attraverso un esame critico delle riforme scolastiche, evidenzia come molte di esse abbiano fallito nel migliorare la qualità dell’istruzione. Questo insuccesso non è solo un problema educativo, ma ha profonde implicazioni per la salvaguardia del Paese. Il docente – che è presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT) e ordinario di Pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria – nel servizio chiarisce che un sistema educativo inefficace indebolisce la capacità dei cittadini di partecipare attivamente e consapevolmente alla vita politica e sociale, rendendoli vulnerabili alla manipolazione e alla disinformazione. La frammentarietà delle riforme e l’assenza di una strategia a lungo termine hanno contribuito a un sistema educativo disarticolato e incapace di rispondere alle sfide contemporanee. La mancanza di coerenza e la prevalenza di interessi politici sulle reali necessità pedagogiche hanno ulteriormente esacerbato il problema, impedendo la creazione di un contesto formativo solido e resiliente.
La globalizzazione, pur avendo portato benefici significativi in molti ambiti, ha aggravato le disuguaglianze sociali, in particolare nel contesto educativo italiano. Caligiuri evidenzia come le politiche educative globali non siano state adeguatamente rimodulate per tener conto delle specificità italiane. Questo ha portato a una polarizzazione interna sempre più marcata, con un aumento delle disuguaglianze che minaccia la coesione sociale e, di conseguenza, la sicurezza nazionale. Analisi che trova un riscontro diretto nei dati Eurostat: le rilevazione collocano l’Italia all’ultimo posto nell’Unione Europea per tasso di occupazione dei neo-dottori. Solo il 67,5% dei giovani laureati trova un impiego, un dato drammaticamente inferiore rispetto alla media europea dell’83,5%. Questa situazione non solo rappresenta una perdita di capitale umano, ma pone una seria minaccia alla stabilità economica e sociale del Paese, aumentando il rischio di tensioni interne e vulnerabilità alle influenze esterne.
Il problema delle disuguaglianze è anche di genere. Il divario tra uomini e donne nell’accesso al mercato del lavoro è significativo, con il 70,6% degli uomini laureati che trova un impiego rispetto al 64,3% delle donne, squilibrio che limita ulteriormente la partecipazione di queste ultime alla vita del Paese.
A tal proposito, è importante sottolineare che le differenze cerebrali tra uomini e donne sono spesso sovrastimate.
Uno studio congiunto – dell’Università di Tel Aviv, del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain e del Dipartimento di Psicologia di Zurigo – su oltre 1400 cervelli umani ha rivelato una vasta sovrapposizione nelle caratteristiche cerebrali tra i generi. La ricerca ha dimostrato che la maggior parte dei cervelli presenta un mosaico di caratteristiche, alcune più comuni nelle donne, altre negli uomini, ma sempre condivise in una certa misura. Questo suggerisce che le nostre somiglianze cerebrali superano probabilmente le nostre differenze, mettendo in discussione le nozioni tradizionali di “cervello maschile” e “cervello femminile”.
Alle problematiche citate si aggiunge il fenomeno della fuga di cervelli, con molti giovani laureati che scelgono di emigrare per cercare migliori opportunità all’estero. Questa emorragia di capitale umano ha conseguenze dirette sulla capacità dell’Italia di innovare e competere, aggravando le sue ben note difficoltà economiche e sociali.
Un altro elemento che lega l’educazione alla sicurezza nazionale è il debito pubblico.
Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, ha sottolineato come la spesa pubblica per gli interessi sul debito eguagli in Italia quella per l’istruzione. Questo dato evidenzia una grave limitazione delle risorse destinate alla formazione che compromette le opportunità per i giovani e, di conseguenza, la capacità del Paese stare al passo con i tempi.
In risposta a queste sfide, Caligiuri propone la “pedagogia della nazione”, modello formativo che pone l’educazione al centro delle priorità politiche e culturali del Paese. Questo approccio prevede riforme strutturali innovative, capaci di rispondere alle sfide della società contemporanea e di preparare le future generazioni a partecipare alla vita politica, economica e sociale dell’Italia. L’educazione non è solo uno strumento di formazione, ma un mezzo per rafforzare la coesione sociale, stimolare l’innovazione e garantire la sicurezza nazionale. Questo modello, se implementato correttamente, potrebbe rappresentare una risposta efficace alle problematiche evidenziate e un passo importante verso il rilancio del Paese.