Ripensare la sicurezza nel Caucaso meridionale: l’approccio NATO, tra Intelligence culturale e sfide geopolitiche
Nel complesso scacchiere caucasico, dove si intrecciano rotte energetiche e tensioni ataviche, l’approccio tradizionale alla stabilizzazione mostra i suoi limiti. La pubblicazione di MARIO VECA E FRANCESCO SAVERIO GIULIANO per SOCINT Press affronta questa sfida ridefinendo il paradigma d’intervento della NATO.
Si intitola Linee di intervento per un approccio globale della NATO nella regione del Caucaso Meridionale (Azerbaijan-Armenia), relative alla stabilizzazione dell’area il paper di Mario Veca*, docente di Cooperazione internazionale per lo sviluppo all’Università degli Studi di Palermo e vicepresidente regionale per la Sicilia della Società Italiana di Intelligence (SOCINT), e Francesco Saverio Giuliano**, esperto di sicurezza ed Intelligence militare, già ufficiale delle Forze Speciali dell’Esercito. L’elaborato – pubblicato da Socint Press sotto la direzione editoriale di Alice Felli – intreccia molteplici livelli di analisi, offrendo una prospettiva ampia sulla stabilizzazione del Caucaso meridionale attraverso la lente del Comprehensive Approach NATO.
A partire dalla premessa, emergono elementi significativi.
Il primo è la postura dell’Azerbaijan. Incastonato tra le montagne e il bacino endoreico del Mar Caspio, il Paese ha saputo mantenere, sin dal XVII secolo e nonostante il conflitto nel Nagorno-Karabakh (Nkao), un equilibrio strategico grazie alla sua posizione dominante nel settore energetico. Questo dualismo, tra tensioni territoriali e pragmatismo economico, rappresenta la chiave per comprendere l’area.
Un secondo elemento è la scelta degli autori di evidenziare il ruolo delle potenze esterne (Russia e Turchia) attraverso il prisma religioso, unendo il cristianesimo armeno al supporto russo e l’Islam azero all’influenza turca. Lettura valida che lascia spazio ad approfondimenti, soprattutto per quanto attiene le motivazioni geopolitiche ed economiche sottostanti. La questione dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, mai riconosciuta ma di fatto sopravvissuta per oltre trent’anni, è presentata seguendo le tappe dell’evoluzione storica.
Cardine dell’analisi è quello che gli autori chiamano Nuovo Grande Gioco euro-asiatico sottolineando come le dinamiche contemporanee non siano altro che la prosecuzione di ataviche rivalità.
Gli autori tracciano un parallelo tra il Great Game ottocentesco e lo scenario caucasico odierno.
La crisi tra Azerbaijan e Armenia coinvolge, di fatto, più soggetti: Russia, Turchia, Iran, Unione Europea, Stati Uniti e NATO. Particolarmente rilevante è la dimensione geopolitica del Paese, crocevia intercontinentale – attraverso la Rotta Internazionale di Trasporto Trans-Caspica (TITR) e il Corridoio di Trasporto Nord-Sud (INSTC) – punto nodale per i collegamenti tra Europa e Asia.
Un elemento di novità è l’approccio UE, caratterizzato da una strategia di soft power, basata su scambi commerciali e tecnologici. Veca e Giuliano evidenziano il limite di questa strategia, basata su strumenti finanziari ma priva di sicurezza. Il riferimento ai fondi che “finiscono in mani sbagliate” non è casuale.
Innovativa è l’analisi del ruolo dell’Intelligence culturale e antropologica.
Gli autori sfidano il paradigma militare, precisando come il successo operativo richieda una comprensione del tessuto sociale e culturale della regione. Questo aspetto è particolarmente rilevante, considerando la complessa realtà dell’Azerbaijan: un Paese che, nonostante la maggioranza sciita, ha sviluppato una società secolarizzata, risultato di diversi influssi religiosi e culturali e delle politiche di de-islamizzazione durante il periodo sovietico. Il concetto di “stare nel territorio, parlando con la gente e alla gente” suggerisce un modello di Intelligence dove la dimensione umana è parte fondamentale delle operazioni, tenendo conto proprio delle specificità di una comunità che ha saputo mantenere un equilibrio tra modernità e tradizione.
La discussione sulle “guerre eterne” e sulla natura dei conflitti dei nostri giorni allarga ulteriormente lo sguardo.
La constatazione che gli attori siano “più interessati ai vantaggi derivanti dalla violenza che a quelli legati alla vittoria” rappresenta una chiave di lettura per comprendere gli andamenti regionali e sviluppare strategie di consolidamento.
Uno degli elementi più originali dello studio è il rapporto NATO-UE nel contesto caucasico.
Gli autori evidenziano le limitazioni storiche della cooperazione tra le due organizzazioni, proponendo un modello opzionale: un “tandem operativo” che permetta di superare le barriere istituzionali.
L’idea di combinare le capacità di Intelligence diplomatica, informativa ed economica in una struttura coerente si ricollega alla gestione integrata del Comprehensive Approach NATO, uno degli strumenti metodologici più importanti di cui l’Alleanza Atlantica dispone. Un modello ambizioso – che integra strumenti militari, politici, civili ed economici – a cui ispirarsi per dare vita a “un costrutto di sicurezza integrato” in grado di bilanciare le esigenze degli Stati con l’emancipazione degli individui. Le sfide operative, sempre più complesse, vengono affrontate con particolare attenzione alle lezioni apprese in altre missioni, specialmente in Afghanistan e in Iraq. La disamina dello Human Terrain System (HTS) suggerisce la necessità di ricalibrare l’approccio occidentale nella gestione delle crisi periferiche.
L’intento degli autori è chiaro: offrire esempi di “buona pratica” senza nascondere le difficoltà della loro applicazione.
La possibilità di cooperazione tra attori con interessi divergenti appare, in effetti, piuttosto ottimistica. Tuttavia, questa interpretazione non diminuisce il valore intrinseco dell’analisi che rappresenta un contributo sia alla comprensione delle dinamiche di sicurezza sia alla valutazione delle possibilità di un intervento NATO efficace in quest’area e, più in generale, nelle zone di crisi.
In conclusione, la pubblicazione di Veca e Giuliano non si focalizza sulle sfide odierne, ma traccia paralleli storici significativi offrendo una prospettiva che potrebbe rivelarsi preziosa tanto nel contesto caucasico quanto in altre regioni caratterizzate da simili complessità.
Note biografiche
* Mario Veca è docente di Cooperazione internazionale per lo sviluppo presso l’Università degli Studi di Palermo e vicepresidente regionale per la Sicilia della Società Italiana d’Intelligence (SOCINT). Membro dell’Associazione Italiana Analisti d’Intelligence e Geopolitica (AIAIG), ha conseguito il Master in sicurezza economica, geopolitica e Intelligence presso la SIOI. Referee della rivista scientifica “Strategic Leadership Journal”, collabora con la Summer School Migrants, Human Rights, Democracy dell’Università di Palermo. Nell’ambito della collaborazione tra l’Università di Palermo e i Centres of Excellence NATO di Cesano e Vicenza, si occupa di ricerca e produzione scientifica con particolare focus su terrorismo e scenari di crisi internazionali.
**Francesco Saverio Giuliano, già Generale di Divisione delle Forze Speciali dell’Esercito, vanta una significativa esperienza in operazioni di Intelligence nazionale e internazionale. Ha ricoperto ruoli chiave presso il NATO Defense College e ha guidato la missione “NATO Training & Capacity Building Iraq”. La sua carriera include il comando del Battaglione Incursori “Col Moschin” e incarichi dirigenziali presso l’AISE. Ha partecipato a numerose missioni internazionali, dalla Somalia all’Afghanistan, dall’Iraq al Sudan. Titolare di un Dottorato in Scienze Strategiche e Diplomatiche, ha svolto attività di Senior Security Consultant per progetti internazionali in Etiopia e Tagikistan. Autore di studi su tematiche strategiche e operative, si dedica attualmente alla ricerca e alla consulenza presso università e istituzioni.