La fede nell’hi-tech e il flop dell’intelligence israeliana
Marcello Trisolini: “L’indebolimento della Humint è alla base del fallimento del modello di difesa“
Il conflitto tra Israele e Hamas racconta la disfatta della tecnologia.
Ad ammetterlo è Yoel Guzansky, ex alto funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale dello Stato ebraico che, al New York Times, ha dichiarato: “Spendiamo miliardi e miliardi per raccogliere informazioni su Hamas. Poi, in un secondo, crolla tutto. Come un domino”.
“I tragici eventi cui stiamo assistendo – commenta Marcello Trisolini autore del volume Intelligence di Polizia. Le Forze dell’ordine come Human Sensor (SOCINT Press, ora anche in inglese) – richiamano alla memoria l’11 settembre 2001. Ma Robert David Steel, tra i maggiori esperti mondiali del sistema di Informazione e Sicurezza americano, aveva previsto il fallimento dell’Intelligence strategica internazionale ben prima di quella drammatica data. Classificando le ragioni che avrebbero condotto a tale risultato, al primo punto aveva indicato l’eccessiva fiducia nei mezzi tecnologici per la raccolta dei dati”.
Vent’anni dopo l’attacco alle Torri Gemelle, spartiacque nella storia contemporanea, gli apparati di sicurezza degli Stati sembrano non aver imparato la lezione: “investono ostinatamente in tecnologia – osserva Trisolini – facendo sempre più affidamento su sistemi di controllo e sorveglianza automatizzati e illudendosi che questo metodo permetta loro di intercettare informazioni sensibili con minor costo e minor sforzo, ovunque e più rapidamente“.
Tuttavia, chiarisce Trisolini, “l’intelligence ha bisogno di competenze umane – come evidenzia anche Mario Caligiuri presidente della SOCINT – perché esercita la logica, la razionalità, il pensiero. Riporre cieca fiducia nei sistemi tecnologici, per garantire la sicurezza nazionale e contrastare la criminalità organizzata, significa sottostimare la natura complessa dell’uomo e la sua abilità ad adattarsi ai cambiamenti attuando misure e contromisure fuori dalla portata e dal controllo di una società hi-tech“.
Diversi i fattori alla base del fallimento del modello di difesa israeliano: molti non saranno mai analizzati pubblicamente, altri sono già ampiamente noti: “Probabilmente – riflette Trisolini – il fattore decisivo è stato l’indebolimento della HUMINT (Human intelligence) a favore della SIGINT (Signals intelligence). L’enorme quantità di dati tecnologici raccolti non solo pone complessi problemi di gestione, analisi e valutazione ma anche dubbi sulla qualità. Infatti, sempre più spesso, si tratta di dati privi di informazioni di contesto, le sole capaci di cogliere i segnali deboli dietro ai quali si cela una minaccia per la sicurezza nazionale”.
La tecnologia, dicevamo, è stata battuta.
E non da “macchine pensanti” – per dirla alla Turing – ma da domini low tech.
“Ciò dimostra che, nonostante la società sia sempre più tecnologica e tenda a determinare in modo predittivo i comportamenti umani, l’uomo – chiosa Trisolini – è, e sempre sarà, in grado di sottrarsi ai sistemi di controllo. Anzi, proprio l’estrema pervasività della tecnologia, con la quale stiamo riscrivendo il mondo, potrebbe rivelarsi un boomerang“. Di cui Israele ha mostrato la drammatica portata degli effetti di ritorno.