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L’educazione nell’era della disinformazione e dell’IA: il pensiero di Mario Caligiuri alla Summer School Puglia 2024

Mario Caligiuri, docente dell’Università della Calabria e direttore dell’Osservatorio per le politiche educative dell’Eurispes, ha condiviso le sue riflessioni sull’educazione in due occasioni significative: durante la lezione alla Summer School Puglia 2024 – tenutasi all’Università degli Studi di Bari – e in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio.

Caligiuri, intervenuto alla IV edizione della Summer School Puglia, ha ribadito che la disinformazione è una delle emergenze educative e democratiche più pressanti del nostro tempo. Un fenomeno che minaccia l’integrità delle informazioni e il funzionamento delle democrazie. Per contrastare questa deriva, Caligiuri propone l’adozione di metodi tipici dell’Intelligence, che permettono di identificare le informazioni rilevanti in un contesto di sovraccarico informativo. Citando Yuval Noah Harari, ha affermato: “In un mondo sommerso da informazioni irrilevanti, il vero potere consiste in quali informazioni ignorare”. Questo approccio è essenziale per promuovere la consapevolezza nei cittadini e fornire loro strumenti per orientarsi.

L’avvento dell’intelligenza artificiale apre scenari sconvolgenti, con esiti che possono condurre in direzioni inedite e imprevedibili. Caligiuri, pur riconoscendo le opportunità offerte dalla tecnologia, ha sottolineato la necessità di mantenere la centralità dell’uomo, puntando su qualità come logica, razionalità e pensiero critico. L’IA, ha avvertito il docente, potrebbe persino creare una divisione sociale senza precedenti, generando una ristretta élite tecnologica e lasciando il resto della popolazione in una condizione di crescente marginalità. Nonostante ciò, Caligiuri si è detto ottimista, sottolineando che solo attraverso un’educazione orientata al potenziamento del fattore umano sarà possibile garantire un futuro più equo e giusto.

Antonio Felice Uricchio, presidente dell’ANVUR, ha integrato l’analisi sottolineando la necessità di un rinnovamento didattico. Nel suo intervento, Uricchio ha rimarcato l’impegno dell’agenzia che dirige nel promuovere l’innovazione nelle università italiane. Tuttavia, ha messo in evidenza una realtà preoccupante: in Italia, ci sono circa due milioni di giovani iscritti all’università, lo stesso numero di quelli che né studiano né lavorano, i cosiddetti NEET (Not in Education, Employment, or Training). “Questa circostanza – ha affermato – è un problema centrale per il Paese”, poiché indica un fallimento del sistema educativo. Per rispondere a queste sfide, Uricchio sostiene che l’innovazione didattica debba mirare a rendere l’istruzione più accessibile e inclusiva, pur mantenendo standard di eccellenza, a rafforzare le competenze degli studenti e ridurre il divario tra coloro che accedono all’istruzione e quelli che ne rimangono esclusi.

Caligiuri, intervistato di Francesco Palmieri (Il Foglio), ha evidenziato come la crisi dell’istruzione in Italia sia particolarmente grave, con ripercussioni dirette sulla qualità della democrazia. Il sistema educativo italiano è stato destabilizzato da frequenti e contraddittorie riforme negli ultimi decenni. Dal 1998 ad oggi, si sono succeduti quindici governi, che hanno modificato otto volte l’assetto del ministero dell’Università e dell’Istruzione, spesso unificandoli o separandoli. Questo continuo cambiamento, combinato con interventi non coordinati, ha contribuito a un progressivo calo della qualità dell’istruzione, con effetti negativi sulla meritocrazia e sulla mobilità sociale. In questo contesto, la scuola e l’università italiane sono state trasformate in ammortizzatori sociali, piuttosto che in luoghi di formazione per la democrazia.

Nel confronto tra democrazie e autocrazie, Caligiuri osserva come i regimi autoritari sembrino avvantaggiati nella pianificazione a lungo termine. Cita l’esempio della Cina, che pianifica le sue strategie su scale temporali di mezzo secolo, mentre l’Occidente si concentra su decisioni di breve termine, spesso influenzate da cicli politici e mediatici. Questa tendenza, secondo Caligiuri, rappresenta un rischio per le democrazie, che faticano a reagire alla velocità dei cambiamenti globali e tecnologici. Tuttavia, sostiene che i sistemi democratici restano l’unica difesa contro le potenziali ingiustizie sociali che l’avanzamento tecnologico potrebbe generare.

Per affrontare le sfide del futuro, occorre dunque un approccio innovativo: una “ibridazione” tra uomo e macchina, così come tra uomo e natura. In questo contesto, l’educazione deve espandere i suoi orizzonti, esplorando nuove frontiere della mente, comprese quelle capacità considerate “eretiche” o non convenzionali, ancora poco studiate.

Caligiuri conclude affermando che solo visioni veramente innovative possono permettere all’umanità di affrontare i “cambiamenti esaltanti e drammatici” che ci attendono. Un’educazione interdisciplinare e visionaria sarà fondamentale per garantire un futuro in cui il progresso tecnologico non comprometta la dignità e il valore dell’essere umano

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