Maleducazione, nemico silente della democrazia
Mario Caligiuri, ospite all’Università degli Studi di Bari, invita ad allargare il concetto di “emergenza educativa” per includere le tante sfaccettature che lo compongono, dalla rivoluzione digitale alla fragilità sociale. Apprendere significa superare la linea di Kármán, quel confine invisibile oltre il quale la mente umana si apre a prospettive inedite e può davvero esplorare la complessità del mondo.
La democrazia è in pericolo, e il suo più acerrimo nemico, il più subdolo, è l’ignoranza.
Questo l’allarme lanciato da Mario Caligiuri nel suo provocatorio saggio Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia (LUISS Press), presentato all’Università degli Studi di Bari.
L’evento, organizzato dalla Global Professionals for Artificial Intelligence (GP4AI) e dalla Società Italiana di Intelligence (SOCINT), ha messo a nudo una verità scomoda: senza un’educazione adeguata, la nostra società rischia di soccombere alla disinformazione e alla manipolazione.
Caligiuri, che è ordinario di Pedagogia della comunicazione all’Università della Calabria e presidente della SOCINT, pone una domanda non banale: come può sopravvivere una democrazia quando i suoi cittadini sono incapaci di pensiero critico?
La risposta è inquietante: non può.
Analfabetismo funzionale e mancanza di strumenti interpretativi stanno erodendo le fondamenta stesse della partecipazione democratica. Per questo il docente suggerisce di superare la nozione di un’unica “emergenza educativa” per abbracciare una visione plurale, più articolata, del concetto.
La rivoluzione digitale, la trasformazione della famiglia, la fragilità degli adolescenti e il disagio radicato nel tessuto sociale sono tutte sfaccettature di una crisi educativa assai complessa.
E “Maleducati” non fa altro che ricordarcelo ribadendo concetti fondamentali: la necessità di costruire una società più informata e consapevole, l’urgenza di coltivare il fattore umano attraverso un’istruzione che non si limiti alla trasmissione di informazioni, ma diventi un metodo per riscoprire e valorizzare ciò che è già in noi.
Per Antonio Felice Uricchio, presidente ANVUR, l’istruzione è uno strumento strategico per la sicurezza nazionale. In un mondo caratterizzato da asimmetrie informative e manipolazioni tossiche, la capacità di navigare la complessità diventa indispensabile per una partecipazione civica responsabile.
Pertanto, non è più possibile considerare l’educazione solo come un settore da sostenere economicamente, ma deve essere pensata come una componente delle strategie di difesa e della libertà individuale.
L’invito finale è rivolto a tutti: farsi agenti attivi del cambiamento, contribuire alla diffusione di una cultura del dialogo e del rispetto reciproco. È questa la sfida educativa del Terzo Millennio, da cui dipende il futuro della nostra democrazia. Del resto, apprendere significa superare la linea di Kármán, confine invisibile oltre il quale la mente umana si apre a prospettive inedite e può davvero esplorare le complessità del mondo.