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Educazione, baluardo della democrazia

Nel libro Maleducati, Mario Caligiuri esplora il nesso tra educazione, informazione e vitalità democratica in Italia. Muovendo dall’analisi di Luigi Tivelli e Francesco Subiaco, apparsa su Formiche, l’articolo approfondisce le tesi dell’autore, offrendo prospettive innovative su questioni basilari quali l’astensionismo, la meritocrazia e il ruolo dei media nella formazione della coscienza civica.

Maleducati
Educazione, disinformazione e democrazia in Italia.
(LUISS UNIVERSITY PRESS, 2024)

Maleducati. Educazione, disinformazione e democrazia in Italia (Luiss University Press, 2024) offre un’analisi acuta dell’impatto che l’assenza di un progetto pedagogico credibile sta avendo sulla società italiana, sia nell’ambito dell’istruzione pubblica sia della pedagogia civile.

Mario Caligiuri – presidente della Società Italiana di Intelligence, ordinario di Pedagogia della cultura e direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria – presenta una disamina lucida e ben documentata delle problematiche educative che minano la nostra democrazia.

Luigi Tivelli e Francesco Subiaco, in un articolo apparso su Formiche, evidenziano come la questione assuma rilevanza nel contesto delle recenti consultazioni elettorali. L’astensionismo, sintomo di una profonda crisi della partecipazione democratica, emerge come conseguenza diretta delle carenze educative e informative.

Situazione che impone una riflessione sulla necessità di un intervento strutturale nel sistema scolastico italiano, che superi la logica delle riforme estemporanee per promuovere una cultura del merito e della responsabilità.

L’analisi di Tivelli e Subiaco, pur offrendo una solida base per comprendere le tesi di Caligiuri, apre la strada a ulteriori approfondimenti: angolature di pensiero che ampliano il dibattito.

L’idea della disinformazione non solo come problema di contenuti, ma anche di modalità comunicative, offre una chiave di lettura più sofisticata del contesto mediatico e politico italiano.

Mentre l’articolo interpreta l’astensionismo principalmente come sintomo di disaffezione politica, è possibile considerarlo anche come forma di partecipazione attiva. Un “voto di protesta silenzioso” che rivela un elettorato non apatico, bensì critico e insoddisfatto dell’offerta politica.

Il concetto di “democrazia a percentuale”, presentato come degenerazione, potrebbe – se investigato con strumenti alternativi – rappresentare un’evoluzione naturale dei sistemi democratici nell’era dell’informazione, dove la rappresentatività qualitativa acquisisce preminenza su quella quantitativa.

Il “perpetuo gioco di specchi tra politica e media” non considera ancora adeguatamente il ruolo dei nuovi media. Ci si chiede se piattaforme digitali e social potranno integrarsi in un progetto di pedagogia civile o se rimarranno confinate nel limbo della disinformazione.

Attribuire all’educazione un ruolo vitale per la democrazia, non è esente da rischi: in un sistema educativo centralizzato è imperativo riflettere su come prevenire potenziali derive di indottrinamento ideologico.

La valorizzazione del merito solleva interrogativi sulla tensione tra meritocrazia e partecipazione democratica inclusiva. È possibile conciliare eccellenza ed equità in un progetto pedagogico nazionale?

Infine, il concetto di “Repubblicani in Repubblica” di Giovanni Conti è presentato come un ideale perduto. In un’epoca di accentuata polarizzazione politica, perché non reinterpretare e applicare questo concetto, anziché limitarsi a rimpiangerlo? Si potrebbe considerare il ruolo di aziende, ONG, movimenti dal basso: microcosmi in grado di contribuire alla formazione di “valori guida“.

Solo attraverso un progetto pedagogico condiviso e una educazione rigorosa possiamo aspirare a risvegliare le coscienze – a formare l’ethos pubblico – contrastando efficacemente la disaffezione politica.

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