Il lato oscuro della “China Intelligence”
In uscita a fine febbraio, il saggio di Antonio Teti, svela i segreti delle Agenzie di Pechino.
China Intelligence. Tecniche, strumenti e metodologie di spionaggio e controspionaggio della Repubblica Popolare Cinese (Rubbettino), è il risultato di un’approfondita ricerca, condotta da Antonio Teti, docente di Cyber Security, IT Governance e Big Data all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara e di Previsione del crimine e analisi strategica nel mondo virtuale al Corso di Analisi Criminale di II° livello della Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, componente del Comitato di Coordinamento per la Strategia Nazionale sull’Intelligenza Artificiale – Presidenza del Consiglio dei Ministri e presidente dalla sezione Abruzzo della Società Italiana di Intelligence.
Attraverso quattro coinvolgenti capitoli, Teti si addentra nei meandri opachi dei Servizi cinesi – agenzie, dipartimenti, uffici di polizia, strutture militari, organi di partito, atenei, istituti di ricerca, aziende private e controllate da Pechino – svelandone modus operandi, target e abilità nel promuovere interessi in settori chiave. Il tutto a partire dal contesto legislativo, derivante da una tradizione giuridica millenaria: un reticolo di norme che intrecciano giustizia informale, diritto tradizionale e diritto ufficiale mettendo in luce le ampiezze e le contraddizioni di una nazione che l’Occidente fatica ancora a comprendere.
Conosci il tuo nemico
Nella prefazione, Alberto Manenti, già direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE), racconta di quanto – fin dagli anni Ottanta – l’attività spionistica cinese fosse «concreta», affidata «non solo alle strutture militari, ma anche a una rete di agenti civili».
Nell’analizzare la complessità dell’organizzazione, Manenti parla di «milioni di formiche impegnate a raccogliere e a immagazzinare miliardi di frammenti di un puzzle talmente vasto da non riuscire a vederne il disegno. […] una minuziosa mandarina pianificazione pluridecennale».
E riflette: «Oggi con la Cina, oggettiva minaccia, l’interrogativo è: come possiamo conoscerla e quindi capirne criticità e opportunità, senza interagire con essa? Isolare Pechino è la strada giusta per arginarne l’influenza?» .
Al riguardo, richiama una massima di Sun Tzu – “conosci il tuo nemico” – non mancando di sottolineare: «il professor Antonio Teti ha fornito il suo contributo».
China Intelligence, tra spionaggio e disinformazione
«L’idea di documentare l’infrastruttura dell’intelligence cinese – spiega Teti – è nata dalla necessità di colmare una lacuna informativa causata dalla scarsa disponibilità di testi. Il saggio offre una descrizione dettagliata dei “Servizi celesti” concentrandosi sui rischi derivanti dalla presenza di cittadini cinesi all’estero che, per motivi di studio o lavoro, possono collaborare con le Agenzie di Intelligence trasformandosi in accreditate fonti di informazione».
Ma per cogliere appieno la situazione, occorre partire dal contesto normativo. Le principali strutture di Intelligence della Cina odierna sono il Ministero della Sicurezza di Stato (MSS) e il Ministero della Sicurezza Pubblica (MPS). Il primo si occupa di attività di spionaggio, mentre il secondo si concentra sul controspionaggio. Entrambi sono sottoposti al controllo del Partito Comunista Cinese (PCC) e del Presidente della Repubblica Popolare Cinese (RPC), i quali emanano direttive per le operazioni di intelligence in accordo con la struttura di governo del Paese.
«Il 28 giugno 2017 il Congresso nazionale del popolo cinese ha varato una legge sull’intelligence secondo cui il governo può richiedere esplicitamente, a tutti i cittadini e alle aziende del Paese, di collaborare con le strutture di intelligence nazionali. Questa legge impone loro di sostenere, assistere e cooperare con il lavoro delle Agenzie e mantenere riservato quanto appreso. Lo Stato, a sua volta, si impegna a proteggere quanti collaborano. Tale disposizione rende chiaro che ogni cinese, ovunque si trovi, può essere coinvolto nella raccolta di informazioni per conto dello Stato“.
Una raccolta paziente e scrupolosa di “granelli informativi”, apparentemente insignificanti, che si riallaccia a un concetto chiave della cultura cinese: il Guanxi 关系 (guānxi), formula segreta delle relazioni basata su fiducia e reciprocità. E sottolinea come l’Italia, sul fronte interculturale, debba ancora fare progressi.
«Tra gli episodi che hanno ispirato questo libro – spiega Teti – uno è legato alla Svizzera, Paese noto per la sua neutralità e caratterizzato da una straordinaria diversità geografica, culturale e linguistica. Nel 2015, è stato siglato un accordo riservato, tra Berna e Pechino, per il rimpatrio dei cittadini cinesi residenti in territorio elvetico. Tale accordo prevedeva la possibilità, per gli agenti del ministero della Pubblica Sicurezza cinese, di muoversi liberamente all’interno della Confederazione alpina mantenendo segreta la loro identità, persino durante gli incontri con i cittadini sino-elvetici. Un caso simile è accaduto la scorsa primavera a New York, quando due cittadini cinesi, Lu Jianwang e Chen Jinping, sono stati arrestati dalle autorità statunitensi, con l’accusa di cospirazione a fini di spionaggio, per aver gestito illegalmente una stazione di polizia a Manhattan, quartiere Chinatown, coinvolta in attività di propaganda e disinformazione politica a danno di dissidenti cinesi. L’FBI e la procura di Brooklyn hanno rivelato che altri 34 agenti del ministero della Pubblica sicurezza cinese – facenti parte di una cyber-unit d’élite, la 912 Special Project Working Group operante in Cina – avrebbero agito contro i dissidenti cinesi utilizzando profili falsi su Twitter/X e troll».
La struttura di Chinatown rientrerebbe in una rete composta da oltre cento stazioni in tutto il mondo.
«Un rapporto del 2022, stilato da Safeguard Defenders, organizzazione non governativa spagnola, parla di 102 stazioni di polizia cinesi create nell’ambito dell’operazione Fox Hunt orchestrata per spiare i dissidenti politici cinesi e costringerli a tornare in patria. Gli accordi stipulati con i governi per l’installazione di queste stazioni prevedevano ufficialmente che fornissero supporto ai cittadini cinesi residenti all’estero. Il patto siglato nel 2015, tra Governo italiano e ministero della Pubblica Sicurezza cinese, ha portato alla creazione di 11 unità di pattugliamento congiunte in città come Roma, Milano, Bolzano, Venezia, Firenze, Prato e in Sicilia. Tali unità sembrano oggi essere coinvolte in operazioni d’intelligence. È quindi cruciale monitorare attentamente le loro attività per comprendere il livello di rischio e valutare l’entità delle azioni condotte. Non dobbiamo dimenticare che sul territorio italiano sono presenti più di 300mila cinesi, anche se si tratta di dati parziali poiché non è possibile avere certezza sul numero, in Italia come negli altri Paesi».
Ciò che invece è riscontrato – e riscontrabile – è la spasmodica attività di suck information condotta con modalità differenti dalle Agenzie di Intelligence di Pechino e rivolta a target diversificati.
«Pechino utilizza strumenti che vanno dai satelliti ai sistemi di intercettazione telefonica passando attraverso le operazioni cibernetiche. Ma la grande forza dell’Intelligence cinese risiede nella sua capacità di sfruttare un numero straordinario di individui – la cosiddetta human-wave, onda umana. La modalità di raccolta prevede, in primis, l’acquisizione di informazioni su tecnologie durante viaggi di studio o lavoro all’estero. Le strutture di intelligence siniche coprono le spese di soggiorno, studenti e lavoratori si impegnano a tornare periodicamente in patria per fornire informazioni. Sulla base di una indagine condotta negli Stati Uniti, ammonterebbero a più di 35 gli atenei cinesi coinvolti, attraverso docenti e ricercatori, in casi di spionaggio estero. Un fenomeno che si estende anche ad altri Paesi, come l’Iran e il Pakistan».
C’è poi l’acquisizione di società straniere operanti in settori tecnologici strategici o di tecnologie di particolare interesse.
«Un caso significativo è avvenuto nel 2023 . Protagonista un’azienda olandese leader mondiale nella produzione di macchine che impiegano la litografia ultravioletta estrema per produrre semiconduttori. L’azienda ha denunciato un’indebita appropriazione di dati da parte di un ex dipendente cinese. Una vicenda che ha destato clamore poiché tali macchinari hanno, ciascuno, un valore che sfiora i 200 milioni di dollari. Un caso, dicevamo, ma non isolato: alcune società, collegate al governo cinese, sono state accusate di gestire all’estero un centro di ricerca e sviluppo per prodotti strategici».
Ulteriore metodo di raccolta è l’acquisizione di informazioni per la conduzione di attività di influenza, propaganda e disinformazione in Paesi stranieri.
«Si tratta di una modalità molto praticata, sebbene non direttamente dalle strutture di intelligence. La disinformazione serve per screditare prodotti e politiche commerciali, danneggiare l’immagine di aziende e ottenere vantaggi economici. È importante precisare che il governo cinese esercita un controllo diretto non solo sulle imprese statali, ma anche sulle aziende private e sugli imprenditori. Pare che solo il 22% delle aziende gestite da imprenditori cinesi produca esclusivamente per il profitto economico. Ciò implica che la restante parte svolga attività volte alla raccolta di informazioni in diversi settori, soprattutto nel campo della tecnologia. Questo aspetto è particolarmente significativo, considerando che circa 150.000 aziende operano sotto il controllo diretto dello Stato. Di queste, 50.000 sono totalmente di proprietà statale. Dunque, se si considera che circa 150.000 aziende sono in qualche modo controllate dallo Stato, si comprende il potenziale rischio per le imprese di altri Paesi che intrattengono con loro collaborazioni».
Lo scorso giugno anche il governo italiano ha esercitato il Golden Power su Pirelli.
«Lo ha fatto perché l’azienda stava sviluppando tecnologie critiche: un microprocessore in grado di monitorare lo stato dello pneumatico e comunicare con i sistemi di bordo del veicolo. Questo è un chiaro segnale di come il nostro Governo stia proteggendo le tecnologie strategiche, limitando il coinvolgimento dei cinesi».
Del resto, le informazioni sulle aziende e sull’ambiente di lavoro, anche le più banali, possono contribuire alla costruzione di un prodotto di intelligence.
«Indubbiamente. Se combinate con altre, acquisite da diverse fonti, possono fornire dettagli importanti – come l’accesso a un ufficio, la gestione di una pratica o la localizzazione delle informazioni aziendali – ed essere utilizzate per comprendere come introdursi all’interno di un’azienda o individuare specifici uffici per prelevare informazioni».
Cruciale prestare attenzione a ciò che condividiamo attraverso la rete.
«Quando scriviamo sul nostro profilo LinkedIn che lavoriamo in un determinato settore o che abbiamo accesso a informazioni specifiche, stiamo fornendo dati importanti che possono essere utilizzati per condurre attività di Virtual Human Intelligence. In altre parole, queste informazioni consentono, a una struttura o una persona, di mettersi in contatto con noi nel tentativo di reclutarci. Analizzando il nostro profilo psicologico, è possibile capire, ad esempio, se siamo più interessati a guadagnare denaro, a ricostruire una carriera professionale o a stringere rapporti con alcune persone piuttosto che altre».
Questo dovrebbe richiamare tutti alla prudenza, che nella filosofia platonica è saggezza, virtù propria dell’animo razionale. Non a caso Teti, nel concludere, sottolinea la necessità di «non demonizzare la Cina» poiché l’attività di spionaggio è diffusa in tutti i Paesi.
«L’obiettivo è educare alla cybersicurezza e sensibilizzare sulle possibili implicazioni che i nostri comportamenti possono avere». In un mondo in cui la fiducia tra nazioni è sempre più fragile, «preservare l’interesse nazionale in termini di sicurezza e competitività emerge come direttrice fondamentale». E la Cina, con la sua storia millenaria e il suo complesso sistema di Intelligence, è un punto di osservazione determinante per comprendere le sfide geopolitiche che ci attendono.