Il Secolo che non tramonta
Il XX secolo è davvero finito? L’ambasciatore Sergio Vento ci invita a riconsiderare questa domanda nel suo saggio Il XX secolo non è finito. Transizioni e ambiguità (Rubbettino), prefazione di Mario Caligiuri, presidente dalla Società Italiana di Intelligence (SOCINT).
Il XX secolo è davvero finito?
L’ambasciatore Sergio Vento, presidente di V&A – Vento & Associati , ci invita a riconsiderare questa domanda nel suo saggio Il XX secolo non è finito. Transizioni e ambiguità (Rubbettino). Con una carriera diplomatica che lo ha portato dalle Nazioni Unite a Washington, accanto ai potenti del mondo, Vento offre un punto di vista diverso per comprendere la geopolitica contemporanea.
La sua tesi? Le dinamiche che hanno plasmato il secolo scorso continuano a influenzare il nostro presente, in modi che sfuggono alle analisi convenzionali. Questa affermazione, lungi dall’essere un esercizio retorico, si fonda su una lettura dei “fenomeni di lunga durata” che persistono nonostante la “metamorfosi del mondo”.
Al centro dell’approfondimento dell’ambasciatore Vento si trovano i due principi cardine delle relazioni internazionali: la politica dell’equilibrio (balance of power) e la politica del potere (power politics). La prima, radicata nel principio westfaliano e perfezionata da figure come Metternich e Kissinger, si contrappone alla seconda, incarnata dal pensiero di Zbigniew Brzezinski. Questa dualità fornisce il perimetro concettuale attraverso il quale Sergio Vento caratterizza gli sviluppi geopolitici degli ultimi decenni.
L’ambasciatore offre una critica incisiva alla gestione della fine della guerra fredda. La transizione di alcuni Paesi dell’Europa orientale e baltica verso la liberaldemocrazia e l’economia di mercato è stata, interpretata, secondo Vento, come la fine di un equilibrio secolare tra Russia e Europa centro-orientale. Questa misconception ha portato a decisioni che hanno contribuito alle tensioni attuali: dall’espansione della NATO all’allargamento dell’Unione Europea, senza un’adeguata architettura di sicurezza e cooperazione continentale.
Vento identifica tre “abbagli” che hanno sfaldato gli scenari internazionali: la sopravvalutazione della fine della guerra fredda per l’appunto, gli equivoci della globalizzazione, in particolare riguardo al ruolo della Cina, e la sottovalutazione delle nuove aggregazioni del Global South, come i BRICS. Errori che, secondo l’ambasciatore, hanno contribuito a creare l’attuale era VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), caratterizzata da una complessità e volatilità senza precedenti nelle relazioni internazionali.
L’analisi si estende anche alle sfide interne dei sistemi democratici occidentali, introducendo il concetto di “policrisi geopolitica“. Questo termine sintetizza l‘ampiezza delle sfide contemporanee: dall’astensionismo elettorale alla competizione tecnologica sino-americana, dalle minacce pandemiche ai flussi migratori incontrollati. In questo contesto, Vento si distingue riaffermando l’importanza degli Stati-nazione nel sistema internazionale, una posizione che si rivela attuale alla luce delle recenti crisi.
L’ambasciatore non si limita a denunciare i problemi, ma avanza proposte per il rinnovamento. Tra queste, la creazione di un Consiglio per la Sicurezza Nazionale e l’istituzione di un forum parlamentare ispirato al modello dello Stiftung Wissenschaft und Politik tedesco. Suggerimenti che riflettono la profonda convinzione di Vento che sia necessario un approccio meno partigiano nella definizione dell’interesse nazionale.
Il Novecento incompiuto di Vento nella prefazione di Caligiuri
La prefazione di Mario Caligiuri – presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT), ordinario di Pedagogia della comunicazione e direttore del Master in Intelligence del’Univerità della Calabria – arricchisce il volume, offrendo una cornice, critica e analitica, che aiuta il lettore a contestualizzare le tesi di Sergio Vento.
“L’Ambasciatore – scrive il docente– nella contrapposizione tra secolo breve e secolo sterminato sceglie una terza via, argomentando che il XX secolo non è finito. In base alle sue esperienze, in cui ha avuto modo di confrontarsi con le reali dinamiche del potere globale, ritiene che le categorie politiche che hanno contrassegnato il Novecento siano sostanzialmente ancora presenti, nonostante l’attuale metamorfosi del mondo”.
Caligiuri, tratteggia il percorso formativo di Vento, che si snoda dall’educazione familiare, in un ambiente militare e istituzionale, fino agli studi universitari a Roma, Parigi e Londra. Ogni tappa della sua carriera diplomatica, dalla prima destinazione in Algeria alla scoperta dell’Olanda, dalla missione in Argentina alla presenza in Turchia, contribuisce a costruire una visione acuta e trasversale delle dinamiche planetarie. Caligiuri rammenta anche come Vento abbia sperimentato le eccellenze industriali italiane – dalla FIAT a Torino alla Olivetti a Ivrea, dalla Pirelli a Milano all’Agip a Gela – ora in gran parte scomparse. E come abbia criticato le privatizzazioni e liberalizzazioni degli anni ’90 che hanno indebolito la posizione del nostro Paese, restringendo la nostra sfera di azione, la nostra proiezione in termini economico-finanziari e di soft power.
La prefazione evidenzia, inoltre, la limpidezza di pensiero con cui Vento valuta politiche estere e relazioni internazionali, rilevando come l’Italia abbia dovuto adattarsi ai cambiamenti mantenendo una posizione strategica: dai rapporti con i Paesi arabi – influenzati dalla guerra del Kippur e dallo choc petrolifero – alle dinamiche con l’Europa. Vento, così come ricorda Caligiuri, riflette sul multilateralismo – di cui ha avuto esperienza diretta all’OCSE e alle Nazioni Unite, a New York – criticando la dottrina della “esportazione della democrazia” post 11 settembre, che contrappone al realismo di Kissinger. L’ambasciatore sottolinea l’importanza di un modello italiano basato sulle piccole e medie imprese, riconoscendo la fallibilità delle politiche estere imposte dall’esterno.
Caligiuri, nel concludere, mette in luce il valore dell’esperienza e della comprensione diretta dei processi decisionali, biasimando la proliferazione di corsi e master in geopolitica e intelligence che spesso mancano di questa dimensione pratica. Un fenomeno che rischia di generare una “bolla virtuale” caratterizzata da una formazione superficiale, che non fornisce agli studenti le competenze e la concretezza necessarie per affrontare la complessità del settore.
Il saggio dell’ambasciatore Vento offre, dunque, una visione critica delle politiche internazionali, sottolineando l’importanza di strategie nazionali autonome e di un approccio realistico e informato.
In un mondo in cui le nozioni tradizionali di destra e sinistra si confondono, e dove emerge un rifiuto delle oligarchie e delle loro piattaforme tecnocratiche, Vento suggerisce che potremmo assistere a un ritorno alla nozione di comunità. Uno scenario in cui le nazioni – con le loro articolazioni locali, corporative, culturali e religiose – potrebbero costituire la base di una nuova organizzazione politica ed economica. E segnare, così, la vera fine del XX secolo.