Intelligence, Francesco Alfonso Leccese al Master dell’Università della Calabria: “Capire l’islamismo per comprendere il fondamentalismo islamico”
“La cultura dell’altro. Conoscere gli Islam: il fondamentalismo islamico” è il titolo della lezione tenuta da Francesco Alfonso Leccese, Professore Associato in Storia dei Paesi Islamici presso l’Università della Calabria nell’ambito del Master in Intelligence, diretto da Mario Caligiuri.
Leccese ha esordito analizzando il concetto di “Islamismo”, interpretabile quale moderna ideologia finalizzata all’instaurazione di un “sistema islamico” di governo per Stato e società e sostenuta da specifiche organizzazioni sociali e politiche: i movimenti islamisti.
Ma l’Islamismo coincide anche con la definizione dell’Islam Politico, un’azione che punta sulla convinzione che l’instaurazione dello Stato Islamico sia condizione necessaria per il raggiungimento del benessere della Umma, la comunità islamica.
Lo Stato Islamico deve essere, pertanto, regolato necessariamente dalla Shar’ia, la legge islamica di matrice religiosa che funge da Costituzione, e strutturato sulla base della conseguente reinvenzione della tradizione.
Il processo di deculturazione, la questione dell’identità islamica, che associa l’islam ad un sistema totalitario, il processo di reinvenzione della tradizione, la reificazione dell’Islam sono stati individuati come elementi chiave dell’islamismo, mentre il Sistema Islamico (Nizami Islami) si caratterizza principalmente per il suo essere onnicomprensivo e totalitario, capace di superare la dimensione prettamente politica e basato su un forte attivismo sociale.
In quest’ottica gli islamisti definisco la propria dottrina attraverso lo slogan “l’Islam è sia Religione che Stato” (Islam din wa dawla).
Principali fautori dell’onnicomprensività del sistema islamico sono i Fratelli Musulmani, movimento fondato da Hasan Al-Banna nel 1928 che si definisce, nel corso del Quinto Congresso della Fratellanza Musulmana del 1939, “un invito a tornare al corano ed alla Sunna, una via tradizionale, una realtà sufi, un’entità politica, un gruppo sportivo, una lega scientifica e culturale, un’impresa economica, una dottrina sociale”.
Leccese ha pertanto richiamato Nasr Abu Zayd (1943-2010), teologo egiziano accusato di apostasia e costretto all’esilio in Olanda, secondo cui gli islamici radicali e moderati aderiscono alle stesse norme e agli stessi presupposti e principi non negoziabili, nonché il pensiero del compianto Alberto Ventura il quale affermava che tra radicali e moderati sussiste una “differenza di intensità più che di genere, appartenendo entrambi ad un Islam moderno che non riesce più a capire o non intende riconoscere il proprio passato”.
Ne deriva la fondamentale differenza tra Islam, inteso nella sua tradizionale accezione religiosa e gli Islamismi, ossia gli adattamenti in ambiente islamico di elementi d’origine occidentale.
Il docente ha quindi affrontato il riformismo islamico attraverso tre figure cardine, l’uno discepolo dell’altro, definite “La Triade della Nahda”: la prima, Jamal-al-din al Afghani (1838-1897), teorico del Panislamismo, propugna l’ideale di un Islam compatibile con il progresso attraverso la realizzazione di una civiltà islamica, l’adozione dell’islam come religione universale, il riconoscimento del mondo islamico come entità geografica unica e l’internazionalismo anticoloniale. È il principale fautore del modernismo e dell’evoluzionismo dell’Islam.
Il secondo, Muhammad ‘Abduh (1849-1905), sviluppa il riformismo islamico criticando passività e imitazione, ma sostenendo l’ermeneutica e la ragione.
Il terzo, Rashid Rida (1865-1935) è il teorico del salafismo wahabita: i cardini del suo pensiero sono una marcata impronta anti sufi e la riabilitazione teologica e politica dello stesso wahabismo attraverso i concetti chiave dell’unicità, dell’ermeneutica e dell’innovazione.
Leccese ha quindi chiarito il concetto arabo di salafismo “Al-Salafiyya”. Derivante dalla locuzione al Salaf al Salih – “i pii antenati” – il salafismo rimanda ad un’età dell’oro islamica coincidente con l’epoca storica del Profeta Maometto e delle tre generazioni successive.
I Salafiti richiamano la necessità di tornare alle origini, a un ideale passato che rappresenta una forma di governo basata su un’utopia retrospettiva.
Secondo questa corrente, il futuro e il progresso rappresentano una prospettiva negativa secondo una visione ideologica, derivante da un’interpretazione letterale delle fonti islamiche, e teologica che propugna un atteggiamento antioccidentale.
Affrontata la classificazione del salafismo contemporaneo nelle correnti letteralisti-quietisti, riformisti e jihadisti, e la connotazione del credo salafita, la lezione è terminata con l’analisi della progressiva radicalizzazione dell’islamismo in direzione del jihadismo avvenuta principalmente a opera di Sayyid Qutb (1906-1966), filosofo e scrittore egiziano giustiziato per impiccagione e definito “cattivo maestro del jihadismo”.
Qutb è il massimo teorico del Jihad, del Tafkir (anatema), della Jahiliyya (età dell’ignoranza preislamica) e della Al-Hukumiyya (sovranità di Dio), nonché il principale ispiratore delle ideologie a fondamento di Al Qaeda e dell’ISIS.
In quest’ultima esperienza estremista sarebbe evoluto il concetto di “Stato Propaganda” in chiave salafita attraverso la diramazioni di foreign fighters nel Dar al Islam (territorio islamico) e nel Dar al Harb (territorio della guerra), l’imposizione della morale islamista, l’applicazione di pene capitali, la propaganda mediatica e il Jihad totale.
Leccese ha concluso sostenendo che nel XXI secolo ogni fenomeno va inquadrato nella sua vera natura, quello culturale.