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INTELLIGENCE, FRANCESCO GRILLO AL MASTER DELL’UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA: “I PAESI DEL SUD-EST ASIATICO SONO MIGLIORI NELL’EDUCAZIONE. IL POTERE SI STA SPOSTANDO. PROPOSTE PER MIGLIORARE L’EDUCAZIONE IN ITALIA”.

Rende (10.1.2025) – Dove è finita la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione? Il declino delle competenze nell’era dei robot intelligenti e il caso dell’Italia è il titolo della lezione tenuta da Francesco Grillo, economista politico e manager, direttore del think tank Vision, professore presso l’Università Bocconi di Milano, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria diretto da Mario Caligiuri.

Francesco Grillo

Grillo ha presentato una lezione impostata sullo stato delle competenze critiche in Italia e nel mondo e sulle azioni che si possono intraprendere per evitarne il continuo declino nel tempo.
La capacità di comprensione di testi anche complessi, insieme alle capacità di calcolo e di soluzione di problemi, sono competenze fondamentali per l’elaborazione delle informazioni. Queste sono anche competenze di cui ogni individuo ha bisogno per poter prosperare. Secondo lo studio PIAAC-OCSE, tra il 2012 ed il 2023, nei Paesi industrializzati queste competenze sono in media rimaste stabili o addirittura diminuite. In particolare, lo studio illustra che diminuiscono in media la capacità di comprensione di un testo scritto; aumenta il divario tra i Paesi con competenze più sviluppate quali a esempio la Finlandia e gli altri Paesi con competenze inferiori alla media quali l’Italia; aumenta il divario di competenze all’interno dei Paesi.
L’Italia si posiziona al di sotto della media OCSE ed addirittura tra gli ultimi posti per specifiche competenze. Sono invece Paesi quali il Giappone e la Finlandia ad ottenere i risultati migliori, così come tanti altri Paese del Sud Est asiatico, circostanza che potrebbe fare presagire uno spostamento dell’ordine mondiale in quella direzione. È ormai noto che la società occidentale stia invecchiando e ciò possa influire sul livello di competenze medie. Inoltre, nel caso di partecipanti nati all’estero queste lacune sembrano essere più marcate. Lacune che vengono però ridotte drasticamente dalla seconda generazione di migranti. Entrambe le cause non sembrano spiegare efficacemente il declino delle competenze nel nostro Paese.
Nonostante in Italia l’acquisizione di competenze influisca in misura inferiore rispetto ad altri Paesi nell’ottenere una retribuzione migliore, studiare e ampliare le competenze risulta un fattore che non solo contribuisce all’ottenimento di un lavoro gratificante e di un maggior reddito futuro, ma influisce positivamente sulla soddisfazione dell’individuo, nella vita e sulla sua salute. Persone con competenze maggiori tendono a consumare meno alcool ed a ridurre il consumo di farmaci. Non sembra però esserci una correlazione tra competenze e partecipazione al voto.
Nel tempo vi è stato un enorme aumento delle capacità dei sistemi informatici di immagazzinare, processare e trasmettere le informazioni. Contestualmente, si assiste a una crescita continua dei dispositivi connessi alla rete Internet ed esplode il volume dei dati. Sembra dunque paradossale che, in un periodo di proliferazione incontrollata dell’informazione, la conoscenza “vera” tenda a diminuire. L’accesso a Internet contribuisce a ridurre le barriere e i costi dell’informazione, ma solleva nuovi interrogativi, in particolare sul controllo dei contenuti, con il rischio che pochi editori possano monopolizzare la produzione e il flusso della comunicazione digitale. In questo contesto è di vitale importanza investire nell’educazione, soprattutto per un Paese come l’Italia vincolato a puntare sulle competenze per compensare le carenze di materie prime.
Sebbene non vi siano cause dirette del declino delle abilità, ci sono comunque fattori che influenzano il fenomeno. Le soluzioni proposte da Grillo sono: incrementare gli investimenti nell’istruzione; riorganizzare le università – rendendole interdisciplinari e non concentrate su aree scientifiche – e i cicli di studio per promuovere la formazione continua in ogni fase della vita dell’individuo; riformare i media, dalla televisione ai social, rendendoli più aperti al dibattito; innovare mercati e politica, evitando un protezionismo fittizio che riduce la ricerca e la creazione di competenze.

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