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INTELLIGENCE, GIUSEPPE RAO AL MASTER DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA: “LA GEOPOLITICA DELLE TECNOLOGIE E DELLA CONNETTIVITÀ TRA INTELLIGENCE E INTERESSE NAZIONALE”.

Rende (10.3.2025) – Geotecnologia, connettività e ordine mondiale è il titolo della lezione tenuta da Giuseppe Rao, docente presso l’Università di Sassari e consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Rao ha dedicato la prima parte della lezione all’acquisizione del metodo di studio e lavoro, ovvero alla ricerca e all’elaborazione delle informazioni. L’Intelligence ha il compito di elaborare la conoscenza e fornire strumenti per promuovere l’interesse delle singole organizzazioni. Il perseguimento degli obiettivi richiede “un metodo capace di fornire passe-partout utile per accedere ai fatti, senza il quale è difficile costruire la solidità del pensiero e la capacità di azione”.

Gli analisti sono “nani sulle spalle dei giganti”, consapevoli che studiare opere e conseguimenti delle più illustri personalità è un esercizio necessario per interpretare sia la storia sia il presente dell’umanità, senza dimenticare il grande obiettivo: proiettare conoscenza ed esperienze verso il futuro.

Giuseppe Rao

Per Rao, la modernità è nata con Francis Bacon (Londra, 22 gennaio 1561 – Londra, 9 aprile 1626). Filosofo, politico, giurista e saggista inglese, nel suo manifesto scientifico del 1620, Novum Organum (Nuovo Strumento), Bacon sosteneva “knowledge is power”: il sapere è potere e deve essere utilizzato per incidere nella realtà. Egli è stato primo a comprendere, con una intuizione rivoluzionaria, la relazione tra scienza e tecnica, al punto che con lui si può parlare di tecnoscienza.

Rao ha quindi letto un passo della lettera indirizzata, nel 1976, dal giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, William Orville Douglas (Maine/MN, 16 ottobre 1898 – Bethesda, 19 gennaio 1980) ad alcuni giovani avvocati: “Come la notte non scende all’improvviso, così anche l’oppressione. In entrambi i casi c’è una penombra dove tutto sembra apparentemente immutato. Ed è in una simile penombra che noi dobbiamo essere consapevoli del cambiamento nell’aria – per quanto impercettibile – o si resterà vittime involontarie dell’oscurità”. Douglas invita ad essere sensibili ai segnali che preannunciano i cambiamenti.

Il docente ha richiamato anche il messaggio del giornalista polacco Ryszard Kapuściński (Pinsk, 4 marzo 1932 – Varsavia, 23 gennaio 2007) sulla necessità di lavorare su se stessi, formarsi, acquisire conoscenze, cercare di comprendere il mondo: “Nothing is for free”, nulla è gratis. Impegno e fatica, quando accompagnati dalla qualità, portano sempre a risultati positivi.

Rao si è poi concentrato sul passaggio dalla formazione tradizionale lineare (istruzione, formazione, lavoro, collocamento a riposo), alla formazione permanente, dove le quattro fasi si susseguono in parallelo. E citando Angela Mongelli (UniBa), ha sottolineato che “l’obiettivo di qualsiasi percorso educativo e formativo è il raggiungimento dell’autonomia cognitiva, essenza della libertà individuale” .

Il docente ha avvalorato l’importanza dello studio della filosofia che aiuta a costruire lo spirito critico. Citando Mao Zedong (Shaoshan, 26 dicembre 1893 – Pechino, 9 settembre 1976) “Grande è la confusione sotto il cielo” , ha invitato a riflettere sul carattere di confusione e naufragio condizioni transitorie che possono aiutarci a comprendere, apprendere e sviluppare i processi cognitivi e, conseguentemente, elaborare soluzioni. Del resto, Mario Caligiuri ci ricorda che oggi “stiamo affrontando una metamorfosi del mondo dove nulla potrà essere come prima […] e non abbiamo ancora coniato le parole, le categorie mentali, i concetti culturali, le teorie giuridiche, le pratiche pedagogiche per affrontare i tempi che stiamo vivendo”.

Il tema delle “due culture” è stato affrontato da Rao attraverso il saggio del 1959 dello studioso inglese Charles Percy Snow (Leicester, 15 ottobre 1905 – Londra, 1 luglio 1980), il quale sosteneva che la mancanza di comunicazione tra scienziati e umanisti è uno dei grandi mali della società occidentale. Per il docente, l’industria moderna è nata a Ivrea grazie alla visione di Adriano Olivetti (Ivrea, 11 aprile 1901 – Aigle, 27 febbraio 1960) che negli anni ’30 intuì la necessità di concepire e realizzare ogni prodotto proprio con il contributo delle “due culture”. L’ingegnere eporediese strutturò un ecosistema aziendale in cui, accanto ai tecnologi, collaboravano alcuni tra i più brillanti talenti dell’epoca: scrittori, sociologi, matematici, designers, grafici, architetti, fotografi e molti altri ancora. La Olivetti divenne così l’unica multinazionale italiana capace di primeggiare tecnologicamente in tutti i continenti e di inventarsi “l’Olivetti style”, riconosciuto e celebrato a livello mondiale, in particolare negli Stati Uniti.

Rao si è poi riferito alle mappe concettuali“importante strumento che aiuta a comprendere le relazioni tra le diverse parti dei sistemi– e allo studio della geografia, citando l’economista statunitense Jeffrey D. Sachs, già direttore dell’Earth Institute alla Columbia University, secondo cui ogni sistema economico si basa su tre pilastri: geografia, tecnologia e istituzioni.

Il docente ha quindi introdotto il concetto di “boots on the ground”: benché riferito alla necessità delle truppe militari di agire nei luoghi dello scontro armato, il concetto deve essere esteso alle attività di Intelligence (e non solo) che richiedono una conoscenza diretta dei processi e dei contesti in cui si esprimono. Tra gli strumenti per le analisi cui fare riferimento, sono stati menzionati think thank, centri studi e di ricerca, laboratori d’idee e gabinetti strategici.

Gli scritti sull’ordine mondiale di Henry Kissinger (Fürth, 27 maggio 1923 – Kent, 29 novembre 2023) sono per Rao “una lettura imprescindibile”. Secondo il diplomatico statunitense, già Segretario di Stato e professore a Harvard, un ordine mondiale si fonda su due pilastri: un sistema di regole condivise e un equilibrio di potere che garantisca il rispetto di tali regole. Quest’ordine riflette i rapporti di forza tra le potenze globali, ovvero quegli attori geopolitici che, grazie alle loro capacità militari, economiche, ideologiche, industriali e infrastrutturali, riescono a esercitare un’egemonia su ampie regioni del pianeta.

Rao ha quindi introdotto il concetto di geotecnologia, scienza che analizza ingerenze e condizionamenti nelle relazioni internazionali, sia a livello globale sia regionale. Queste dinamiche sono determinate dalla capacità di uno Stato/alleanze tra Stati e delle multinazionali di concepire, sviluppare e brevettare tecnologie avanzate ed emergenti. Tali innovazioni generano trasformazioni nei processi industriali e nei modelli organizzativi di settori strategici per lo sviluppo della civiltà: meccanica, salute, agricoltura, energia, trasporti, spazio, difesa, cultura, servizi ad alto valore aggiunto, catene di approvvigionamento e logistica.

Come ricorda il politologo indiano Parag Khanna, la connettività rappresenta la forza più rivoluzionaria emersa nella storia dell’umanità e il fenomeno di maggiore persistenza temporale. Oggi assistiamo a uno sviluppo senza precedenti di infrastrutture di connessione fisica: strade, ferrovie, reti elettriche, rotte marittime e aeree, e cablaggi in fibra ottica per le comunicazioni digitali. Mai prima d’ora abbiamo raggiunto un livello così capillare di interconnessione globale, né a una velocità così rapida. La testimonianza più evidente di questa trasformazione è la diffusione pressoché universale dei dispositivi mobili, presenti ormai in ogni nucleo familiare del pianeta.

Il docente ha evidenziato che dall’avvento delle Rivoluzioni industriali le gerarchie nell’ordine mondiale sono state determinate proprio dal controllo delle tecnologie e della connettività: si pensi all’Impero britannico, agli Stati Uniti, al ruolo dell’Unione Sovietica e da ultimo della Cina.

Rao si è brevemente soffermato sui rapporti tra Stati Uniti e Cina partendo dal Report China Strategy Group (CSG), elaborato da un gruppo bipartisan guidato da Erich Schmidt and Jared Cohen nel 2020, relativo al ruolo strategico della leadership tecnologica per la sicurezza e la prosperità di un sistema democratico. Il Report, dopo aver riconosciuto i grandi passi avanti compiuti dalla Cina in numerosi settori tecnologici e aver denunciato i ritardi degli Stati Uniti, propone un “government redesign”, ovvero una nuova visione del ruolo dello Stato che dovrebbe favorire la nascita di un centro nazionale di analisi, coordinare gli investimenti in R&S, finanziare investimenti in infrastrutture al fine di creare supply chains efficienti e resilienti.

Concludendo il suo intervento, il docente si è focalizzato sulla transizione dal capitalismo industriale al capitalismo finanziario. In particolare, le Big Three (BlackRock, Vanguard e State Street), società che hanno compiuto significativi investimenti nel 90 % delle multinazionali, indice S&P 500 (SPX) e risparmio gestito inclusi, evidenziando come queste siano in grado di condizionare le strategie economiche dei governi e delle stesse multinazionali.

Giuseppe Rao ha posto, in ultimo, l’attenzione su un dato allarmante: nel periodo 2000-2019, l’Italia è risultata tra i pochissimi Paesi al mondo ad aver registrato una significativa contrazione del PIL pro-capite. Secondo il docente, il perseguimento dell’interesse nazionale – e, di conseguenza, la promozione della crescita e del benessere collettivo – richiede un impegno straordinario per riaffermare il ruolo dell’Italia come potenza industriale: “senza grandi imprese, uno Stato è destinato a un ruolo subalterno nella comunità internazionale”.

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