Intelligence, quell’indispensabile “ossigeno oscuro”
Come il dark oxygen, l’Intelligence opera nei recessi profondi delle relazioni internazionali e quel che avviene nell’ombra è essenziale per la sopravvivenza e il successo di ciò che è visibile.
Uno studio, apparso su Nature Geoscience, racconta della scoperta dell’ossigeno oscuro. Il team della Northwestern University ha individuato, nei fondali oceanici, concrezioni minerali in grado di produrre ossigeno anche in totale assenza di luce.
Proprio come il dark oxygen, l’Intelligence opera nei recessi profondi delle relazioni internazionali e ciò che avviene nell’ombra è indispensabile per la sopravvivenza e il successo di ciò che è visibile.
Partendo dall’analisi di Mario Caligiuri – Il dominio delle Intelligence, pubblicata da Il Mattino e ripresa da IASSP – Institute for Advanced Strategic and Political Studies – esploriamo l’evoluzione strategica del ruolo dei Servizi nel panorama diplomatico globale.
Dal profilo di Caligiuri, l’Intelligence emerge come elemento chiave nella gestione delle crisi internazionali e nella formulazione delle politiche di sicurezza nazionale.
L’incontro a Roma tra i vertici della CIA, del Mossad e dell’Intelligence egiziana è citato come esempio paradigmatico di questo fenomeno. Tale evoluzione suggerisce un significativo riadattamento delle strategie di politica estera, dove la raccolta e l’analisi delle informazioni assumono un ruolo preponderante rispetto alla diplomazia convenzionale.
Tuttavia, avverte Caligiuri, “queste considerazioni richiedono approfondimenti e contestualizzazioni” rammentando “la segretezza con la quale avvenivano i contatti tra Servizi e terrorismo durante la Guerra fredda“, ciò che Gianluca Falanga definisce “diplomazia oscura”.
L’affermazione che durante la Guerra fredda ci fosse una “vasta zona grigia”, un “piano di incontro e dialogo” in cui Intelligence e strutture clandestine interagivano e negoziavano, delinea una topografia precisa di questo scambio e dei suoi effetti. In questo contesto, il terrorismo è stato utilizzato come uno strumento politico, una leva per influenzare equilibri di potere e stabilizzare/destabilizzare aree strategiche. Modalità che ha avuto profonde ripercussioni sull’Europa – anche nei decenni successivi – contribuendo a gettare le basi per molti dei conflitti e delle tensioni attuali.
L’attentato del 2015 alla redazione di Charlie Hebdo ha segnato, per Caligiiuri, un punto di svolta nella percezione pubblica dell’Intelligence. Da quel momento, i Servizi sono passati dallo stato occulto a quello manifesto, una metamorfosi che riflette un salto culturale profondo, con l’Intelligence che diventa una componente indispensabile e riconosciuta della sicurezza nazionale.
“Quando c’è un fallimento dell’Intelligence – ribadisce il docente – è quasi sempre un fallimento della politica. Quello che é accaduto il 7 di ottobre 2023 nella Striscia di Gaza sarà studiato per anni”. Un’affermazione in linea con quanto dichiarato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu che, Intervistato da Time, si è scusato pubblicamente per non aver saputo prevenire l’assalto di Hamas.
Quattro lustri prima, l’11 settembre 2001 “erano già state utilizzate fonti dei Servizi che resero possibile l‘invasione dell’Iraq nel 2003“. Così come dimostrato dal rapporto Chilcot, inchiesta ufficiale del governo britannico.
“Ma questo – prosegue il presidente della Società Italiana di Intelligence nonché direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, – lo si sapeva da subito: nel luglio 2003 ci fu lo strano suicidio del microbiologo Dave Kelly, gola profonda della trasmissione della BBC. Fu lui a rivelare l’inattendibilità delle informazioni relative all’esistenza delle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein“.
Ecco perché, quello che sta accadendo oggi, deve essere inquadrato nell’ambito dell’evoluzione delle agenzie di Intelligence a livello globale, “sempre più attori geopolitici che si affiancano a Stati democratici o autoritari e a multinazionali della finanza e del crimine”.
La fluidità delle informazioni nell’era digitale impegna, come mai prima d’ora, i Servizi e i casi di Edward Snowden e Julian Assange dimostrano come il confine tra segretezza e trasparenza sia diventato sempre più labile.
Come possono, dunque, i Servizi proteggere le informazioni sensibili?
Caligiuri evidenzia la capacità dell’Intelligence di formulare previsioni accurate, citando esempi come la pandemia, prevista dal National Intelligence Council nel 2008, o l’operazione speciale russa in Ucraina, anticipata dalla CIA con la missione a Mosca condotta, due mesi prima dell’invasione, dal direttore William Joseph Burns.
Un concetto che merita un’analisi approfondita è certamente quello delle “profezie che si autoavverano” .
Le previsioni dell’Intelligence possono influenzare il comportamento degli attori internazionali, alterando il corso degli eventi che cercano di anticipare. Questa dinamica richiede una riflessione sul potenziale impatto di tali analisi, ovvero su come vengono formulate, comunicate e utilizzate dai decisori politici.
Valutare il valore dell’Intelligence non significa, pertanto, considerare solo l’accuratezza delle previsioni, ma comprendere come queste possano inserirsi nei fili che compongono trama e ordito del tessuto diplomatico e strategico. Coglierne l’essenza che, come per l’ossigeno oscuro, emerge dalle profondità.