Perché i servizi segreti israeliani non sono riusciti a prevedere l’attacco di Hamas
L’analisi di Mario Caligiuri, presidente della SOCINT, al TG della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana e su Fanpage
Dopo l’attacco – inatteso e devastante, già ribattezzato l’11 settembre mediorientale – Israele punta il dito contro i suoi Servizi segreti considerati i migliori del mondo ma incapaci di intercettare i piani di Hamas.
’L’intelligence – spiega Mario Caligiuri, interpellato dalle redazioni di RSI e Fanpage– non è onnisciente: gli eventi recenti lo dimostrano. Il fallimento dell’intelligence deriva sempre da un insuccesso della politica”.
Per Caligiuri, “da qualche anno, ormai, Israele non riesce a trovare punti di equilibrio”.
Una instabilità che sfibra e distrae il ceto politico dal quale dipendono le agenzie d’intelligence: il Mossad, lo Shin Beet e l’intelligence militare. E che ha reso attaccabile uno Stato che si credeva inattacabile.
“Aver lanciato l’offensiva a cinquant’anni dalla guerra dello Yom Kippur ha un significato simbolico profondo. E lascia pensare che questo attentato sia stato pianificato strategicamente da anni. I sistemi difensivi israeliani sono stati scandagliati con determinazione, c’è stato uno studio meticoloso delle falle che Hamas è arrivata a conoscere meglio dell’apparato israeliano”. Mesi di pianificazione, addestramento e coordinamento silenti, per poi intervenire “e causare i maggiori danni possibili”.
“Probabile – chiosa Caligiuri – che le milizie si siano addestrate fuori dai confini, nella Striscia di Gaza”.
Se, come sembra, gli israeliani propenderanno per un’invasione di terra si aprirà un periodo lungo e luttuoso.
Il conflitto è alle prime fasi e fino a quando la controffensiva non avrà messo Israele al sicuro nessuno potrà promuovere un cessate il fuoco.
Le interviste di Francesco Cancellato (Fanpage) e Mattia Pacella (RSI)