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GEOINT e industria dello Spazio

GEOINT ed industria dello Spazio, una riflessione della commissione GEOINT.

Il mondo dello spazio è per definizione uno dei più dinamici. L’Italia, da tempi non sospetti, esprime capacità industriali di prim’ordine in questo ambito. Basti pensare al fatto che siamo il terzo paese al mondo ad aver lanciato un satellite nello spazio, il San Marco 1.

Alcuni cambiamenti, avvenuti di recente, nell’approccio da parte dell’intelligence statunitense verso il mondo delle industrie spaziali, potrebbero rappresentare un’occasione per il nostro paese. Questo sia sotto il profilo delle informazioni e della sicurezza, sia sotto quello economico. Cerchiamo di capire perché.

I cambiamenti nel campo dell’IMINT da satellite

Nel 2015, il Tenente Generale Robert P. Otto (US Air Force) spiegava come il mercato delle immagini satellitari commerciali era profondamente cambiato. Dagli anni 70 ai primi anni 2000 le aziende del settore hanno lavorato solo per lo Stato. La bassa risoluzione delle immagini, i lunghi tempi di attesa tra l’acquisizione da parte del satellite e l’effettiva possibilità di fruizione dei dati, rendevano il modello di business insostenibile senza le commesse statali. Tra il 2010 e il 2014 il governo statunitense allentò le restrizioni sulla vendita di immagini ad alta risoluzione, consentendo la vendita al pubblico di immagini a 25 cm di risoluzione. Inoltre vi furono progressi nella tecnologia delle telecomunicazioni e l’abbassamento dei costi dei servizi di lancio. Questi tre fattori permisero una crescita esponenziale nel numero delle aziende che offrivano immagini commerciali e servizi spaziali in genere.

Queste aziende si rivolgevano ad un nuovo gruppo di clienti, affamato di informazioni relative all’andamento dei consumi, alle variazioni ambientali e al comportamento dei competitors. Tutte cose desumibili da immagini satellitari commerciali, ovvero applicazioni della c.d. GEOINT commerciale. Il governo statunitense diventava così uno tra i tanti clienti.

Nonostante questa disponibilità di dati sul mercato, fino a tempi recenti si tendeva a considerare la capacità IMINT da satellite come un’attività strategica, svolta dalla agenzie d’intelligence. D’altronde i primi 20 anni del XXI secolo sono stati quelli della guerra al terrore, dove l’impiego dei droni è proliferato, consentito dalla totale supremazia aerea nei vari scenari (Iraq, Afghanistan, ecc.). Per tanto il supporto informativo alle truppe sul terreno, finora, è stato in larga parte fornito dai droni.

Cambia la minaccia, cambia l’approccio

I nuovi scenari internazionali hanno condotto ad un ripensamento dell’impiego delle Forze Armate statunitensi, in particolare per ciò che riguarda la catena sensore-tiratore (cioè chi vede l’obbiettivo e chi è in grado di erogare fuoco di precisione su di esso) e il concetto di superiorità aerea. L’esercito americano stima che nei futuri contesti non si potrà avere quella quantità di droni che ha caratterizzato gli attuali scenari, perché probabilmente ci sarà un nemico in grado di abbatterli. Per questo sarà difficile colpire un bersaglio che non si è in grado di vedere. Le attuali sperimentazioni condotte dallo US Army vogliono risolvere questo problema. Si usano i satelliti (sia governativi che commerciali) per fornire i dati che servono alle truppe sul terreno, abbassando i tempi di reazione mediante l’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale.

Le agenzie d’intelligence stanno svolgendo la loro parte. Già dal 2019 il National Reconnaissance Office (NRO) ha annunciato l’avvio di nuovi contratti con aziende che operano micro e mini satelliti (BlackSky Global e Planet Federal). Lo scorso anno, inoltre, la National Geospatial-intelligence Agency (NGA) ha inserito le stesse aziende nel nel suo programma Global Enhanced GEOINT Delivery system (G-EGD). Il G-EGD è un portale web che consente l’accesso ad immagini satellitari commerciali non classificate al governo federale e a 55 partner stranieri.

Considerando l’esplosione del mercato delle immagini satellitari e queste nuove esigenze, si può capire il nuovo approccio della intelligence community (IC) statunitense, che è riassumibile così: compriamo immagini dovunque possiamo, ma costruiamo [satelliti] solo quando dobbiamo, cioè quando il mercato non può offrire quello che ci serve.

Perché tutto questo ci interessa?

Perché il nostro paese ha un panorama industriale florido, le nostre industrie dell’aerospazio producono già tutto quelle che potrebbe servire. Gli esempi sono molti e sarebbe impossibile citarli tutti, ma solo a titolo esemplificativo, si ricordano le grandi aziende come Leonardo. In particolare le sue Joint-Venture come TASI e Telespazio, quest’ultima leader nella gestione e costruzione del segmento terrestre, quella parte dei sistemi che serve a gestire i satelliti e che consente la fruizione dei servizi.

Al di fuori delle controllate statali troviamo aziende come OHB Italia. Essa ha un interessante progetto di costellazione di mini-satelliti, che promette di acquisire un’immagine su un obiettivo ogni 30 minuti.

Esistono anche start-up, come Studiomapp. Essa si è imposta all’attenzione internazionale vincendo premi importanti, grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale per riconoscimento automatico di immagini satellitari.

Come detto si potrebbe continuare a lungo. In un momento come questo, dove la ripresa economica è cruciale, affacciarsi su un mercato molto redditizio avrebbe un duplice vantaggio:

  1. Una crescita finanziaria delle aziende del comparto, simile a quella di Blacksky, cosa che aiuterebbe la situazione generale del paese;
  2. Una comparto industriale strutturato, in grado di fornire soluzioni innovative alla comunità intelligence italiana.

Abbiamo la necessità di trovare nuovi spazi e le potenzialità per avere successo.

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