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INTELLIGENCE, MARIA GABRIELLA PASQUALINI AL MASTER DELL’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA: “CAPIRE LA STORIA DELL’INTELLIGENCE ATTRAVERSO LE LEGGI”.

RENDE (6.5.2024) – Chiusura tutta al femminile per il termine delle lezioni della XIII edizione del Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Dopo una lezione della docente e saggista Alessandra Necci, preceduta dai saluti di Antonio Uricchio, presidente dell’ANVUR e di Paolo Pedone, presidente CUN, la lezione conclusiva è stata tenuta da Maria Gabriella Pasqualini, docente e storica dell’intelligence.

MARIA GABRIELLA PASQUALINI

“Storia politica della legislazione italiana dell’intelligence (1970-2021)”, è stato il tema trattato dalla docente che ha approfondito la storia dell’intelligence dal punto di vista dell’evoluzione storica della normativa.
Ha ricordato come in passato fosse il Sovrano a dare le direttive per il mondo dell’intelligence. Subito dopo la Rivoluzione francese anche Napoleone dava direttive e soprattutto sosteneva che ogni suo soldato fosse un informatore utile…
L’iter parlamentare ha condotto, dopo alcune riforme dell’immediato dopoguerra, a) alla prima legge di riforma, in senso moderno, dell’organizzazione del settore strategico informativo italiano, la L.801/1977, approvata con largo consenso parlamentare e b) alla seconda importante riforma, la L.124 del 3 agosto 2007, attuale disciplina dell’attività dei Servizi d’informazione per la sicurezza e il segreto di Stato. Seguì poi la L. 133 del 2012 e il successivo decreto legislativo 18 maggio 2018 n.65 (in ‘Attuazione della direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell’Unione’).
Nel corso dell’anno 2021 una nuova Agenzia è stata aggiunta alle precedenti: con un Decreto-Legge del 14 giugno è stata istituita l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale e è stata data la definizione dell’architettura nazionale di cybersicurezza, per la necessità e urgenza di tutelare importanti e strategiche infrastrutture già presenti o in via di realizzazione.
La docente ha poi ribadito come le normative vigenti e giurisprudenza di riferimento formino l’ossatura giuridica sulla quale si basa una politica informativa (intelligence) trasparente, che si deve adeguare continuamente alle nuove sfide globali e che dovrà avere sicuramente nuovi aggiustamenti in futuro, sulla base dell’evoluzione della geo-politica internazionale e del ruolo dell’Italia in una Europa che deve riprendere forti posizioni geo-strategiche , soprattutto dopo la crisi afghana dell’agosto 2021.
Ha quindi rammentato come l’Italia abbia una posizione chiave al centro del Mediterraneo, il cui asse strategico progressivamente si evolve e cambia, così come mutano i fenomeni geopolitici.
In tal senso, gli organi informativi dovrebbero costituire la vera conoscenza di quel che accade e gli appartenenti ai Servizi dovrebbero possedere competenze di analisi geopolitica e predittiva.
La docente ha quindi ricordato come gli anni ’70 furono molto difficili in Italia: nel 1969/1977, periodo durante il quale il settore informativo, così squalificato agli occhi dell’opinione pubblica e non solo, fu collocato sotto la responsabilità politica e la direzione del Capo dell’Esecutivo, sottraendolo in buona parte ai militari, con controllo parlamentare, tramite un Comitato ad hoc: concetto assolutamente impensabile solo dieci anni prima. In effetti, occorreva e occorre un’effettiva integrazione dell’intelligence nell’azione di governo, rendendo effettivo il dialogo e la presenza dell’informazione in tutti i momenti decisionali che ne possano avvertire la necessità di supporto.
Infatti, dal 1861, la costante caratteristica della direzione dell’intelligence sino a circa al 1946, fu quella di incardinare il mondo dell’intelligence nell’ambito militare, rispetto ai periodi di guerra che il paese attraversava”. La ‘lezione appresa’ relativa all’operato dell’Ufficio Informazioni durante il conflitto, in particolare per Caporetto, dimostrò che uno dei problemi maggiori, tra gli altri, era stato il mancato coordinamento delle notizie che arrivavano al Comando Supremo. Peraltro all’epoca mancò anche una solida analisi dell’insieme delle notizie ricevute e senza analisi, nulla o quasi, fu possibile inquadrare correttamente, nonostante il notevole flusso di informazioni pervenute.

Tanto era radicata questa idea che il Presidente del Consiglio Nitti, nell’agosto del 1919, aveva firmato una Circolare con la quale disponeva lo scioglimento dell’Ufficio Informazioni della Regia Marina, per consegnare il settore informativo all’estero alla intera responsabilità del Ministero ritenuto più competente, cioè quello degli Esteri. Con conseguete sostanziosa spending review: sarebbero stati chiusi tutti i centri controspionaggio militare all’estero.
A questo proposito la docente ha voluto ricordare la figura di un Capitano di Vascello, Spiridione Bellavista, che nel lontano 1922, in risposta alla Circolare Nitti, aveva stilato un rapporto dove indicava che sarebbe stato opportuno unificare il servizio offensivo con quello difensivo riunendovi, tra l’altro, la propaganda, il servizio stampa, la crittografia, i codici segreti, la polizia giudiziaria e la polizia informativa, in una visione assolutamente innovativa per l’epoca.
Fu solo durante la seconda guerra mondiale che maturarono i tempi per un passaggio storico: il Servizio Informazioni Militare, l’unico allora esistente (che era stato costituito nel 1925), fu ufficialmente sciolto quando il Re lasciò Roma nel 1943 per andare a Brindisi, dove venne in parte ricostituito il Servizio, affidandolo al Colonnello Agrifoglio, prigioniero in USA ma voluto dagli anglo-americani, già responsabile delle informazioni militari, nell’Africa del Nord e da loro professionalmente apprezzato.
Nel periodo post bellico, rapporti anglo-americani sulla possibile ricostituzione di servizi informativi nell’Italia liberata, proponevano di di staccare totalmente l’attività informativa da organi militari e civili, per farne un organo completamente autonomo, possibilmente sotto una alta Autorità istituzionale, che poteva essere il Capo dell’Esecutivo, prevedendo anche che i militari organici al Servizio non facessero più parte delle Forze Armate, in particolare dell’Arma dei Carabinieri, di cui i militari alleati ben conoscevano la capillarità sul territorio e il potenziale professionale nel settore specifico.
La docente ha poi affrontato il tema della Legge 801/1977, da considerarsi in realtà la terza riforma dalla fine della seconda guerra mondiale: per essere davvero compresa, essa va studiata negli interventi del dibattito parlamentare, dove si era ben consapevoli della necessità di una riforma nel settore. Si era in piena guerra fredda: per l’Italia le conseguenze della seconda guerra mondiale erano state difficili e, con il passare del tempo, un sistema figlio del regime fascista, aveva mostrato di essere poco compatibile con il sistema repubblicano.
L’iter parlamentare della prima legge del 1977 va quindi verificato e studiato come un momento storico di cambiamento nell’Italia repubblicana, dove si imponeva un necessario profondo cambiamento della visione dell’attività informativa.
La docente ha poi a lungo illustrato l’esistenza della Commissione bicamerale ‘Alessi’, dal nome del suo presidente: pur essendo attiva solo tra il 1969 e 1970, è considerata importante poiché si era compreso, in quei dibattiti, come fosse necessaria una revisione del sistema politico e normativo dell’intelligence.La riorganizzazione che ne è derivata nel 1977, è stata quindi non solo tecnica, ma anche concettuale.Già all’epoca, la Commissione aveva indicato che la sicurezza dello Stato riguardasse anche l’attività produttiva e l’avanzamento della ricerca scientifica: concetti quanto mai attuali, che erano stati evidenziati già nel 1922 dal capitano Bellavista.
La Commissione Alessi, espresse una considerazione importante: il governo è il destinatario finale dei servizi d’informazione. Anche la sua relazione di minoranza riportò l’indicazione che il Servizio d’informazione non potesse essere solo nelle mani dei militari, argomentando come dovesse dipendere esclusivamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri e non da un ministro, in quanto il Capo del Governo è il destinatario finale delle informazioni analizzate.
A seguito anche delle risultanze della ‘Alessi’ furono presentati vari progetti di legge o ddl, nel periodo 1970/1977. Il 28.01.1977 veniva istituita una Commissione speciale sull’istituzione e l’ordinamento per il servizio d’informazione e la sicurezza dello Stato.
Fu così approvata la L: 801/1977 che iniziò lo storico mutamento concettuale dell’intelligence italiana verso una formula contemporanea dell’organizzazione informativa nel quadro sostanzialmente applicativo della costituzione repubblicana. E’ indubbio che la L. 801/1977 sia frutto, come sempre accade, quando si pone mano a riforme strutturali, di quei momenti storici importanti di politica interna e internazionale che portarono ad una necessaria revisione generale della materia, a più di un trentennio dalla fine del secondo conflitto mondiale, mentre era in atto il forte contrasto fra i due Blocchi di potere globale (occidentale e sovietico), e la Germania era ancora divisa in due parti, come conseguenza del periodo bellico. All’epoca, l’italiana ‘soglia’ di Gorizia rappresentava, con le responsabilità operative conseguenti, un ‘confine’ molto ‘sensibile’ dove era stata calata la ‘cortina di ferro’ verso i Balcani alleati dell’U.RS.S.S. e uniti nel Patto di Varsavia del 1955, come risposta al Patto Atlantico del 1949 del democratico mondo occidentale.
Già nei primi tre anni di applicazione della L.801 iniziò la presentazione delle prime iniziative di legge per una sua revisione, a dimostrazione della sentita esigenza di continuo adattamento dell’ordinamento istituzionale in questo settore strategico. L’urgenza di una ulteriore riforma organica dei Servizi per la sicurezza dello Stato si fece sempre più pressante
Nelle discussioni parlamentari i principi cardine – responsabilità politica e di indirizzo del Presidente del Consiglio, alta direzione e coordinamento della politica informativa e sicurezza – venivano mantenuti e rafforzati, nel quadro di un cambio di impostazione della cultura dell’intelligence sulla base del quale le informazioni sono il prodotto di ricerca a analisi e scambi cooperati con gli alleati e sono necessarie per le scelte del Governo sulla prevenzione degli attacchi alla sicurezza dei cittadini nei settori più diversi.
Con la L. 124 del 2007 questi principi vennero mantenuti e rafforzati.
Nell’agosto del 2012 la L.124, ha avuto delle modifiche-integrazioni, che non hanno assolutamente stravolto la sua architettura di riforma della comunità dell’intelligence.
In sintesi, con la L.801/1977, ma soprattutto con la L.124/2007, il Parlamento è riuscito a far uscire dall’influenza storica mentale, erede di un regime stroncato da più di 70 anni, il cosiddetto ‘spionaggio’, anche se qualche volta questa parole è ancora usata con valenza negativa, sottraendolo a quella che precedentemente era esclusiva competenza militare e a quella del Ministero dell’Interno, per rendere e far comprendere a tutti che il settore informativo è uno delle competenze- responsabilità istituzionali necessarie per la sicurezza dello Stato, in senso offensivo e difensivo.

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