Cent’anni di storia del Servizio informativo nazionale tra memoria e sfide globali
EN – On October 15, 2025, at Palazzo Dante in Rome, the Department of Security Information marked the centenary of the Italian Military Intelligence Service. In the presence of Director General Prefect Vittorio Rizzi, Undersecretary Alfredo Mantovano, and leading civil and military authorities, the ceremony bridged memory and foresight: from the SIM’s foundation to today’s National Intelligence System, confronting the challenges of the 21st century. Intelligence as “the informed conscience of the State” emerges as a constitutional function – anticipating risks, safeguarding democracy, and strengthening national sovereignty. The centennial reaffirmed the institutional maturity and civic openness of Italian intelligence, honoring its fallen, recognizing its service, and reflecting on the future domains of technology and security.
IT – Nel centenario del Servizio Informazioni Militare, celebrato il 15 ottobre 2025 a Palazzo Dante, il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza ha ricordato un secolo di intelligence italiana. Alla presenza del Prefetto Vittorio Rizzi, del Sottosegretario Alfredo Mantovano e delle più alte autorità civili e militari, la cerimonia ha unito memoria e visione: dall’evoluzione del SIM al Sistema di informazione per la Sicurezza della Repubblica, fino alle sfide del XXI secolo. L’Intelligence come “coscienza informata dello Stato”, capace di anticipare i rischi e custodire la democrazia, emerge come funzione costitutiva dello Stato moderno. La celebrazione ha riaffermato la maturità istituzionale del comparto e la sua apertura verso la società, tra memoria dei caduti, riconoscimento pubblico, cultura della sicurezza e nuove frontiere tecnologiche.
Nella sede del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza a Palazzo Dante, davanti alla Parete della Memoria che ricorda chi ha sacrificato la vita nel silenzio del dovere, si è celebrato il Centenario dell’Intelligence italiana. Un secolo esatto dal Regio Decreto del 15 ottobre 1925 che istituì il primo servizio di Intelligence nazionale, unificando le strutture informative di Esercito, Marina e Aeronautica. Non una semplice ricorrenza, ma un’occasione di riflessione sul percorso compiuto e sulle sfide che attendono i Servizi tricolore in un mondo radicalmente mutato.

Gli interventi del Prefetto Vittorio Rizzi, Direttore Generale del DIS, e del Sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità Delegata per la Sicurezza della Repubblica, hanno chiarito il senso profondo della celebrazione: non una memoria rituale, ma l’affermazione di una maturità istituzionale costruita attraverso decenni di riforme, crisi e servizio silenzioso allo Stato. La presenza del ministro Adolfo Urso, del sottosegretario Fausta Bergamotto, dei direttori di AISE e AISI, dei vertici militari e delle principali istituzioni civili e parlamentari ha testimoniato il riconoscimento oggi pienamente acquisito dall’intelligence italiana.
Cento anni, “o forse centosessantacinque, se si considera che l’attività informativa accompagna lo Stato unitario sin dal 1860”, come ha ricordato Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence. La scelta del 1925 come anno zero è convenzionale, ma utile a segnare l’avvio di un sistema formalmente unificato. Ciò che davvero conta è comprendere come, attraverso guerre mondiali, crisi interne e svolte democratiche, l’Intelligence sia evoluta da apparato militare a sistema civile e costituzionalmente orientato.

Il percorso non fu lineare. Il SIM operò durante il fascismo, coinvolto anche in episodi oscuri come l’assassinio dei fratelli Rosselli (1937). Nel dopoguerra, il servizio venne sospeso e rifondato nel 1949 con il SIFAR, poi divenuto SID nel 1966: anni segnati da tensioni e scandali che alimentarono la diffidenza tra intelligence e magistratura. La svolta giunse nel 1977 con la prima legge organica sui servizi, che sancì la trasparenza normativa e introdusse per la prima volta controllo parlamentare e coordinamento politico.
Nel 2007, la Legge 124 ha definito l’assetto attuale: DIS, AISE e AISI, sotto l’indirizzo del Presidente del Consiglio. Un sistema civile, trasparente nei principi, sottoposto a controllo democratico e capace di operare con equilibrio tra poteri. Dal 2007, nessun operatore dei servizi ha subito condanne penali: un segnale concreto della piena integrazione dell’intelligence nell’ordinamento costituzionale.
Rizzi ha definito l’Intelligence “la coscienza informata dello Stato”: non mero strumento operativo, ma funzione riflessiva che alimenta la decisione politica e tutela la sovranità anticipando i rischi. È una visione che trasforma l’Intelligence da reattiva in anticipatrice, da periferica a costitutiva dello Stato. In un’epoca di minacce ibride e conflitti senza confini, la capacità di previsione diventa essenziale alla sopravvivenza della democrazia. Il Sottosegretario Mantovano ha incentrato il suo intervento sul valore della memoria, ricordando chi ha indossato “la divisa del silenzio”. Un silenzio scelto, non imposto: dimensione professionale e morale di chi serve la Repubblica lontano dai riflettori. Ha citato Vincenzo Li Causi, Nicola Calipari, Lorenzo D’Auria, Pietro Antonio Colazzo, Claudio Alonzi, Tiziana Cantone e i molti caduti decorati con la medaglia d’oro al valor militare. Ha poi richiamato le missioni umanitarie, come il soccorso alla popolazione di Gaza e l’assistenza ai bambini curati in Italia, segno di una sicurezza che si traduce in tutela della vita umana. Rivolgendosi ai familiari presenti, Mantovano ha espresso la gratitudine del Governo per il loro sacrificio, spesso fatto di rinunce e di perdite incomprese. La memoria, ha ricordato, non deve limitarsi alla cerimonia, ma tradursi in sostegno concreto e quotidiano. Come inciso sulla Parete della Memoria: “nella loro testimonianza di vita, la speranza per il nostro futuro”.

Due iniziative simboliche hanno accompagnato la ricorrenza: un francobollo commemorativo e una moneta celebrativa da cinque euro.Il francobollo, parte della serie “Eccellenze del Made in Italy”, rappresenta l’intelligence come patrimonio nazionale e leva di soft power. Il bozzetto, curato da AISE e realizzato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, raffigura gli stemmi storici del SISMI e degli organismi attuali — DIS, AISE, AISI — uniti da una scia tricolore, simbolo di continuità e unità di intenti. La moneta in argento, già esaurita, reca incisi i cento anni di servizio. Sul rovescio, la piantina del Forte Braschi, sede AISE: un oggetto di pregio che diventa memoria tangibile dello Stato.
Secondo il Rapporto Italia 2025 dell’Eurispes, il 67,2% degli italiani esprime fiducia nelle Agenzie più di partiti e sindacati. È il segno di un superamento della “leggenda nera” che per decenni ha accompagnato i Servizi. L’Intelligence è oggi percepita come strumento della democrazia, soprattutto dopo l’attacco a Charlie Hebdo e con la guerra in Ucraina, dove le fonti informative hanno assunto un ruolo pubblico e credibile.
Mantovano ha citato Josep Borrell, secondo cui “il lavoro svolto in Ucraina ha cambiato il brand dell’Unione Europea”: analogamente, l’Intelligence italiana ha costruito un marchio riconosciuto a livello internazionale, consolidato in teatri complessi dall’Africa al Medio Oriente. Rizzi ha ricordato una frase letta di recente alla Central Intelligence Agency : “L’Intelligence, insieme alle Forze di Polizia, costituisce la prima linea di difesa del Paese”. Non più retrovia, ma presidio in un conflitto diffuso e a bassa intensità, dove cyberattacchi, disinformazione e sabotaggio sostituiscono le battaglie convenzionali.

I confini della sicurezza si sono spostati: cyberspazio, spazio extraatmosferico, dominio cognitivo sono i nuovi teatri operativi. A questi si aggiungono – come ha evidenziato anche Caligiuri nella sua lunga riflessione su Formiche – le minacce economico-finanziarie, la criminalità organizzata, l’intelligenza artificiale, la disinformazione cognitiva e la privatizzazione del sapere strategico. Sfide che impongono capacità analitiche multidimensionali e cooperazione internazionale costante. Negli ultimi anni, l’Intelligence italiana ha intrapreso un percorso di apertura: convenzioni con università, progetti educativi, reclutamento di profili cyber, pubblicazione – e di recente restyling contenutistico e grafico – della rivista Gnosis e del sito del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Parlare di Intelligence, dunque, non genera più diffidenza ma interesse, segno di una “normalizzazione culturale” che alimenta quella “promessa verso le nuove generazioni” evocata da Rizzi: un’Intelligence competente, etica e pienamente repubblicana.
La cerimonia del Centenario è proseguita nel pomeriggio con l’udienza delle delegazioni guidate dai tre direttori delle Agenzie al Presidente della Repubblica, atto simbolico di riconoscimento e fiducia. Ma l’apertura, ha osservato Rizzi, impone nuove domande: come conciliare trasparenza e riservatezza, attrarre talenti in un mercato competitivo, garantire autonomia tecnologica in un mondo interdipendente? Come evitare che l’eccesso di consulenze private impoverisca le competenze pubbliche?
L’Intelligence del XXI secolo deve essere pensata non più in termini di chi ma di cosa: la tecnologia, le regole, gli spazi cognitivi in cui si combatte la battaglia per le menti dei cittadini.Il Centenario non segna una fine ma un impegno rinnovato: per gli operatori, nel continuare con dedizione e disciplina; per le istituzioni, nel sostenere concretamente il comparto; per la società, nel riconoscere che la sicurezza è un bene comune.
Cento anni di intelligence italiana rappresentano un secolo di servizio discreto e leale alla Repubblica. Un’eredità che guarda avanti: verso un’Intelligence capace di anticipare le minacce, cooperare e innovare.
Il motto celebrativo recita “A tutela della sicurezza nazionale per costruire pace e democrazia”. Ricordare, agire, guardare al futuro la forma più alta di fedeltà allo Stato. L’Intelligence, oggi funzione matura della sovranità repubblicana, è anche strumento essenziale della proiezione dell’Italia nel Mediterraneo e nello spazio euro-atlantico. Il domani della sicurezza nazionale coinciderà con la capacità di integrare analisi, tecnologia e cultura democratica in una politica estera consapevole della complessità del mondo.

