Educare alla sicurezza nazionale per difendere la democrazia
🇬🇧 The participation of Mario Caligiuri (SOCINT) and Bruno Frattasi (ACN), respectively director of the scientific committee and president of the newly established Council for Education in National Security (CESN), in the Senate conference “Educating for national security to defend democracy” highlighted a crucial theme: without a shared culture of security, no democracy can endure.
Held at Palazzo Giustiniani, the event brought together institutional, academic, and corporate voices to explore how education, technology, and civic awareness can converge into a new national strategy for resilience.
🇮🇹 La partecipazione di Mario Caligiuri (SOCINT) e di Bruno Frattasi (ACN), rispettivamente direttore del comitato scientifico e presidente del neocostituito Consiglio per l’Educazione alla Sicurezza Nazionale (CESN), al convegno in Senato “Educare alla sicurezza nazionale per difendere la democrazia” ha riportato al centro una questione cruciale: senza una cultura condivisa della sicurezza, nessuna democrazia può durare. Nella cornice di Palazzo Giustiniani, voci istituzionali, accademiche e imprenditoriali hanno discusso di come educazione, tecnologia e consapevolezza civica possano convergere in una nuova strategia nazionale di resilienza.
Sala Zuccari, con i suoi affreschi che narrano storie di potere e sovranità, ha ospitato un dibattito che tocca il cuore della democrazia: può un Paese difendersi efficacemente se i suoi cittadini non comprendono le minacce che lo insidiano? La domanda, solo in apparenza semplice, racchiude la complessità che il convegno inaugurale del CESN (Consiglio per l’Educazione alla Sicurezza Nazionale) – nato dall’accordo tra Fondazione AISES e SPES Academy “Carlo Azeglio Ciampi” – ha affrontato attraverso voci istituzionali, accademiche e imprenditoriali. L’occasione era duplice: da un lato una riflessione sull’educazione alla sicurezza nazionale; dall’altro la consegna dei diplomi agli studenti della SPES Academy “Carlo Azeglio Ciampi”, iniziativa che intende colmare il deficit formativo italiano in materia di Intelligence e sicurezza. La giustapposizione tra teoria e prassi ha scandito l’intero evento, restituendo un quadro in cui l’urgenza formativa si unisce alla necessità di soluzioni operative pressoché immediate.

La sicurezza nazionale come dovere costituzionale
Bruno Frattasi, direttore dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ANC) e presidente del Consiglio per l’Educazione alla Sicurezza Nazionale (CESN), ha aperto i lavori richiamando l’Articolo 52 della Costituzione: “È dovere sacro di ogni cittadino difendere la Patria”. Due parole – “sacro” e “Patria” – che compaiono una sola volta nella Carta, ma che, come ha osservato il prefetto, definiscono la sicurezza nazionale come espressione di solidarietà politica. Frattasi ha chiarito che la sicurezza nazionale non coincide con la sicurezza pubblica: la prima tutela la libertà dei popoli, la seconda la tranquillità della comunità. Ha poi esteso il concetto a dimensioni nuove – energetica, climatica, sanitaria – evidenziando come un evento diventi questione di sicurezza nazionale quando genera crisi sfruttabili da attori ostili. Il rischio, tuttavia, è che un approccio troppo estensivo finisca per diluirne la portata strategica. Sul versante cyber, Frattasi ha ricordato il ruolo di ACN come organo di sicurezza nello “spazio cibernetico”, dominio equiparato a terra, mare, aria e spazio. La Strategia Nazionale di Cybersicurezza 2022–2026 e il relativo Piano di implementazione rappresentano strumenti operativi determinanti, pur richiedendo un continuo raccordo con il mondo della formazione e della ricerca per tradurre le linee programmatiche in capacità concrete.

L’alfabetizzazione come scudo democratico
Mario Caligiuri – presidente della Società Italiana di Intelligence (SOCINT) e ordinario di Pedagogia all’Università della Calabria, alla guida del Comitato scientifico del CESN – ha affrontato il tema da un punto di vista educativo e culturale. La sua tesi è netta: l’Italia soffre di un deficit strutturale di cultura della sicurezza, frutto di un più ampio analfabetismo funzionale che indebolisce le basi della democrazia. Richiamando i dati OCSE-PISA, Caligiuri ha ricordato che circa metà della popolazione italiana fatica a comprendere testi complessi o a valutare l’attendibilità delle informazioni. In un’epoca in cui la sicurezza si gioca sul terreno cognitivo, questa fragilità rappresenta un vulnus strategico. Il vertice SOCINT ha citato anche il rapporto del Royal Institute of International Affairs, noto come Chatham House, che colloca l’Italia agli ultimi posti in Europa per consapevolezza delle minacce geopolitiche: solo il 15% degli italiani identifica la Russia come rischio potenziale, contro percentuali ben più alte in altri Paesi NATO. L’intervento ha ripercorso le radici storiche di questa carenza culturale, ricordando come l’Italia abbia tardato a sviluppare una tradizione di studi sull’intelligence. Nonostante gli elevati standard raggiunti dopo la riforma del 2007, la consapevolezza pubblica resta limitata. Serve quindi un approccio sistemico: introdurre l’educazione alla sicurezza nei curricula scolastici, formare i docenti e creare una letteratura divulgativa accessibile. L’obiettivo è trasformare la sicurezza da materia per addetti ai lavori a patrimonio civico condiviso.
Middle power e dilemma europeo
Giampiero Massolo, ambasciatore, già direttore del DIS e oggi presidente di Mundys, ha offerto una riflessione sul posizionamento dell’Italia nel sistema internazionale. Il nostro Paese, ha osservato, è una middle power che deve esercitare la propria influenza all’interno delle alleanze multilaterali, proprio mentre il multilateralismo attraversa una fase di crisi. L’ordine liberale costruito dopo il 1945 è oggi sfidato da potenze revisioniste come Russia, Cina, Iran e Turchia. In tale contesto, l’Italia non può permettersi ambiguità o isolamento. Massolo ha sottolineato la necessità di rafforzare la dimensione europea della sicurezza. L’Unione dispone di una forza economica rilevante ma resta fragile sul piano politico e militare. Costruire capacità industriali autonome nel settore della difesa e della cybersicurezza è una priorità, anche per ridurre la dipendenza tecnologica da attori extraeuropei. “Essere Paese fondatore dell’Unione Europea – ha concluso – significa assumere una responsabilità doppia: verso noi stessi e verso l’Europa”.

Il privato come attore della sicurezza nazionale
Alfio Rapisarda, responsabile della sicurezza globale di ENI, ha portato la prospettiva del settore privato. Ha preferito parlare di “infrastrutture strategiche” piuttosto che “critiche”, per sottolineare come certe risorse – in particolare quelle energetiche – siano costitutive della sovranità nazionale. Senza energia non vi è autonomia strategica, e quindi non vi è sicurezza. Rapisarda ha evidenziato il paradosso delle imprese, chiamate a coniugare logiche di mercato e imperativi di sicurezza. Ha ricordato la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, esposte a rischi geopolitici come quelli che attraversano il Canale di Suez o il Mar Rosso. Analogamente, la dipendenza tecnologica da Paesi extraeuropei espone a minacce nel dominio digitale. Le imprese, ha affermato, devono adottare una visione di lungo periodo e assumere la sicurezza come parte integrante della propria responsabilità sociale. Ha inoltre richiamato la direttiva europea NIS2, di cui l’Italia è stata tra i primi Paesi a completare il recepimento, segnale di crescente consapevolezza in materia di cybersicurezza. L’attuazione effettiva, tuttavia, richiederà un impegno costante di cooperazione tra pubblico e privato.

SPES Academy: laboratorio per la sicurezza del futuro
Valerio De Luca, presidente della Fondazione AISES e direttore di SPES Academy, ha presentato l’esperienza formativa intitolata a Carlo Azeglio Ciampi come un laboratorio di “pedagogia della sicurezza”. L’obiettivo è preparare giovani capaci di interpretare la complessità delle minacce contemporanee attraverso un approccio interdisciplinare, ispirato al “pensiero complesso” di Edgar Morin. Non si tratta di costruire competenze esclusivamente tecniche, ma di sviluppare un habitus strategico fondato su etica, consapevolezza e responsabilità. L’educazione alla sicurezza, ha affermato De Luca, deve restituire significato a parole come Stato, Nazione e Patria, oggi spesso percepite come remote. La consegna dei diplomi agli studenti ha rappresentato un momento simbolico di passaggio generazionale: un invito a trasformare la conoscenza in impegno civile.

Dalla cultura della sicurezza alla sicurezza della cultura
Il convegno ha avuto il merito di mettere a fuoco una criticità condivisa: l’Italia dispone di competenze tecniche di alto livello, ma manca ancora una diffusa cultura della sicurezza.
Frattasi ha richiamato il fondamento costituzionale del dovere di difesa; Caligiuri ha evidenziato il nesso tra alfabetizzazione e resilienza democratica; Massolo ha sottolineato la necessità di una consapevolezza geopolitica; Rapisarda ha posto l’accento sul ruolo delle imprese; De Luca ha proposto la formazione come leva strategica. A fronte di un consenso sulla diagnosi, le proposte restano da integrare in una visione organica. Serve una riflessione comune su contenuti, strumenti, percorsi e attori di un’educazione alla sicurezza che sia, al tempo stesso, civica e strategica.
La sicurezza nazionale, per diventare cultura condivisa, deve essere sottratta al linguaggio specialistico e tradotta in termini accessibili, senza semplificazioni e senza derive propagandistiche. Il richiamo all’Articolo 52 della Costituzione, con il suo riferimento al “dovere sacro” di difendere la Patria, conserva piena attualità: difendere oggi significa comprendere, discernere, partecipare. La democrazia si tutela tanto con gli strumenti dell’Intelligence quanto con quelli della conoscenza. Il compito che attende tutti – istituzioni, imprese, mondo accademico e società civile – è costruire un patto educativo nazionale sulla sicurezza, capace di trasformare la consapevolezza in cultura condivisa. Perché senza cultura non c’è sicurezza, e senza sicurezza non c’è cultura che possa durare.

