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HO SERVITO LO STATO. Una vita nell’Arma

“Passano i generali ma non passa l’Arma, perché l’Arma è infinita, come la Patria“. Con questa formula, pronunciata al congedo, il 15 gennaio 2021, il generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri compendiò i quasi cinquant’anni di servizio nell’Arma dei Carabinieri: dall’Accademia Militare al vertice dell’istituzione. Quella stessa formula costituisce oggi il leitmotiv dell’autobiografia che Nistri consegna al lettore attraverso la collana I Colibrì di Neri Pozza: un’opera che, pur presentandosi come memoir, trascende la dimensione individuale per proporsi come riflessione sulla natura dell’istituzione militare, sull’etica del comando e, in ultima istanza, sul significato del servizio pubblico in democrazia.

Strutturato in tredici capitoli non cronologici, cui si aggiungono premessa e post scriptum, il volume intreccia narrazione personale, approfondimento teorico ed esempi di trasparenza istituzionale, illuminando tanto la cultura delle forze di sicurezza italiane quanto l’esercizio del potere. I nuclei tematici – valori, comportamenti, crisi, insegnamenti, ricordi – privilegiano il senso sull’episodio, la riflessione sul tempo.

Come la dedica iniziale chiarisce – “Ai miei genitori, lassù. Alla mia famiglia, alla quale devo tutto. Ai miei carabinieri, da cui tanto ho ricevuto. A chi mi è stato sincero, tanto nell’elogio quanto nella critica” – l’autobiografia si distingue per profondità riflessiva. Un racconto intimo che non nasce dalla vanità letteraria, ma dal desiderio di lasciare memoria – in primis alla nipotina Emma – e di offrire testimonianza: “Mi riterrò soddisfatto se, all’ultima parola dell’ultima pagina, sarò riuscito a descrivere senza infingimenti aspetti significativi della mia esperienza e, ancor più, lo spirito con cui ho provato ad affrontare i correlati impegni”. La coerenza tra intenzione e azione è confermata dalla decisione di devolvere l’intero ricavato all’ente a sostegno degli orfani militari e alla no profit urbinate “Fuori dal nido”, sottraendo la pubblicazione a ogni sospetto di scopo lucrativo.

Il capitolo cardine, L’ultimo giorno, sviluppa la tesi centrale: il vertice rappresenta l’Arma pro tempore, ma non ne è proprietario. Il congedo implica ritiro completo dalla scena, astensione da giudizi pubblici sui successori e consapevolezza che la valutazione dei propri atti è legata al contesto informativo dell’epoca.

Nistri recupera l’insegnamento del generale Pietro Verri (1908-1988), vice comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 7 aprile 1972 al 28 agosto 1972, sui valori – fermezza umanità, giustizia, stile, organizzazione, fede – e ne integra altri lungo la carriera: spirito di corpo, disponibilità, onestà, rettitudine, spirito di servizio. Per affrontare la complessità di questi principi, applica la matrice Valori/Risultati mutuata dal management, distinguendo risultati immediati da rendimento qualitativo di lungo periodo. L’analisi ammonisce contro la tentazione di premiare l’efficacia episodica a scapito della qualità complessiva, un monito valido oltre il contesto militare.

Il capitolo Momenti di crisi illumina lo scandalo della caserma Levante di Piacenza – la seconda per importanza della città – che nel 2020 finì sotto sequestro e al centro degli accertamenti della Guardia di Finanza per gravi abusi e reati commessi da uomini in divisa. Nistri racconta la vicenda con franchezza e responsabilità: non nasconde la frustrazione personale, segnala criticità procedurali e ammette la responsabilità istituzionale. La gestione immediata – dimissioni offerte, trasferimenti, inchiesta interna, Stazione mobile – costituisce un caso di studio di leadership sotto pressione estrema.

Uomini e donne, carabinieri affronta il tema delle “mele marce” con amara ironia e tanta concretezza: l’insulto di un rapper diventa pretesto per riflettere sulla fedeltà e sull’indegna minoranza che tradisce l’uniforme. La risposta istituzionale combina fermezza e tutela dei membri virtuosi, illustrando un’etica del comando concreta e non ampollosa.

Il Grande Progetto Pompei (2014) offre una prospettiva extra-militare sulla complessità della governance interistituzionale. La metafora verghiana “Per menare il remo bisogna che le cinque dita si aiutino” sintetizza la lezione: il successo dipende dalla collaborazione tra soggetti diversi. L’appendice, con la sintesi dei risultati al 31 dicembre 2015, aggiunge valore documentale che i lettori più attenti apprezzeranno.

Gli studia humanitatis  – per gli antichi nutrimento del cittadino virtuoso, in grado di conciliare otium e negotium – permeano l’intera opera. Epigrafi e citazioni strutturano via via il ragionamento, confermando come la cultura sia prerequisito del comando.

L’autobiografia offre contributi rilevanti su più piani: per studiosi di istituzioni militari, uno spaccato della cultura dell’Arma; per filosofi politici, una riflessione sull’etica del potere; per giovani ufficiali, un manuale di deontologia; per il pubblico, un ritratto accessibile di un mondo normalmente ermetico.

La concezione dell’Arma come “infinita” sintetizza il paradosso centrale: la tradizione deve evolversi senza tradirsi, innovare senza abdicare ai valori.

Il ricordo del brigadiere Luciano Serbia e del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega“primo e ultimo delle Vittime per servizio dei cui drammi ho avuto personale contezza lungo l’intero arco della mia vita professionale” – introduce la dimensione più tragica evidenziando il peso emotivo del comando:“la Morte è una implacabile giocatrice di scacchi che, prima o poi, dà scacco matto a tutti, giacché tutti, quale che sia il lavoro svolto o le origini vantate, dobbiamo sederci al tavolo e giocare […] “.

In un’epoca di retorica e cinismo corrivo, Nistri propone una terza via: onestà intellettuale, fierezza istituzionale, trasparenza senza autolesionismo. La questione dell’applicabilità nelle democrazie moderne resta aperta, ma la sua esperienza dimostra che è possibile servire senza appropriarsi, lasciare senza rancore e valutare senza strumenti parziali.

Ho servito lo Stato si conferma testo non convenzionale e necessario: non cronaca carrieristica, non apologia, non denuncia, ma riflessione critica sull’etica del servizio pubblico. Un’autobiografia, ufficiale e degli affetti, che porge – a chiunque voglia interrogarsi sul significato del servire lo Stato – un ritratto intellettualmente onesto di come un uomo abbia tentato, con tutti i limiti umani, di essere all’altezza dell’istituzione che rappresentava. Che poi, in fondo, è tutto ciò che si può chiedere a un servitore della Repubblica.

Giovanni Nistri è Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri, di cui è stato Comandante Generale dal 2018 al 2021. Formatosi alla Scuola Militare Nunziatella di Napoli e all’Accademia di Modena, ha percorso una lunga e prestigiosa carriera nell’Arma, ricoprendo ruoli di crescente responsabilità: dal comando di compagnie territoriali alla guida del Comando per la tutela del patrimonio culturale, dalla direzione della Scuola Ufficiali al comando della Legione Toscana e dell’Interregionale “Ogaden”. Laureato in Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna, ha svolto incarico di docenza in Sicurezza del patrimonio culturale alla LUMSA di Roma. È stato direttore generale del Grande Progetto Pompei dal 2014 al 2016, progetto finanziato dall’Unione Europea per la messa in sicurezza del sito archeologico e per la riqualificazione della circostante Buffer Zone UNESCO. Autore di saggi in tema di comunicazione pubblica, tutela del patrimonio culturale e sulla guerra cognitiva/disinformazione, è componente del Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

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