L’Artico si scalda e ridisegna la geografia del potere
Sabato 14 giugno a Pesaro si è discusso di Polo Nord, geopolitica e Italia: in dialogo Gabriele Falciasecca, Emanuela Somalvico e Gianluca Frinchillucci. Evento promosso da Club Limes Pesaro, Società Italiana di Intelligence e Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”.
Per secoli abbiamo creduto di sapere dove fosse il baricentro del mondo. Prima il Mediterraneo, poi l’Atlantico, infine il Pacifico. Oggi, l’equilibrio globale si è spostato verso una regione che fino a ieri era solo ghiaccio: l’Artico.
Se n’è discusso a Pesaro in un incontro – promosso da Club Limes Pesaro, Società Italiana di Intelligence e Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti”- che riunisce esperti di geopolitica, Intelligence e ricerca polare.
Un tempo terra remota e inospitale, oggi l’Artico è uno dei teatri più dinamici e contesi del XXI secolo.
Il cambiamento climatico non è solo un tema ambientale: è un acceleratore geopolitico. Lo scioglimento dei ghiacci artici ha aperto rotte marittime prima impensabili, ridisegnando i flussi commerciali e mettendo in discussione il ruolo di hub strategici come il Mediterraneo. Le proiezioni parlano chiaro: la rotta del Mare del Nord potrebbe ridurre del 40% il traffico attraverso Suez, alterando radicalmente la mappa degli scambi tra Asia ed Europa.

Una rivoluzione dissimulata ma inarrestabile.
E non si tratta solo di economia. L’Artico è diventato terreno di competizione militare, tecnologica, persino criminale. La Russia ha costruito oltre cinquanta installazioni militari lungo la sua costa artica; la Cina, autodefinitasi “Stato quasi-Artico”, investe decine di miliardi di dollari nella cosiddetta Via della Seta Polare, presentando le sue missioni scientifiche come strumenti di penetrazione strategica. Intanto, nuove zone grigie si aprono anche alla criminalità organizzata, attratta da spazi scarsamente regolamentati e rotte alternative per i traffici illeciti planetari.
In questo scenario, l’Italia potrebbe apparire marginale. Eppure, la nostra storia artica è lunga e rispettata. Dalle imprese pionieristiche di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, e di Umberto Nobile, alla presenza scientifica nelle Svalbard con la base Dirigibile Italia, il nostro Paese ha costruito una reputazione solida, discreta, lontana da logiche di potenza. Non solo: l’Italia dispone di competenze industriali – dall’estrazione in ambienti estremi alla cantieristica per navi rompighiaccio – che oggi sono richieste con urgenza nel nuovo scenario artico. E vanta un capitale immateriale ancor più prezioso: un soft power scientifico, storico e diplomatico che può trasformarsi in leva strategica.

Ma tutto questo sarà sufficiente?
Siamo davvero consapevoli delle implicazioni che l’Artico ha già oggi sulla nostra economia, sul nostro approvvigionamento energetico, sulla nostra sicurezza?
Sappiamo cogliere le opportunità che si stanno aprendo e proteggerci dai rischi che avanzano nell’ombra?
E, soprattutto, comprendiamo che il futuro del Mediterraneo – e quindi il nostro – si sta giocando anche sulle acque gelide del Mare di Barents?
A queste domande hanno provato a rispondere Emanuela Somalvico, direttore dell’Osservatorio di Intelligence sull’Artico SOCINT e Gianluca Frinchillucci, direttore dell’Istituto Geografico Polare “Silvio Zavatti” di Fermo, moderati da Gabriele Falciasecca, presidente del Club Limes Pesaro. Un’occasione per comprendere meglio cosa sta accadendo a Nord, e perché quelle onde – seppure lontane – stanno già toccando le nostre coste.